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giovedì 27 gennaio 2011

Fate l'amore con il dolore


Entriamo nella classe di una scuola di periferia: il professore vorrebbe interrogare un'allieva, due domandine su un racconto di Maupassant letto nella lezione precedente, niente di difficile. Ebbene, la ragazza si rifiuta tassativamente di farsi interrogare, non ci pensa proprio di alzarsi e rispondere. Il professore le chiede il perché di quella decisione: non ha studiato, non ricorda, pensa di essere più pronta l'indomani? Perché adesso non vuole accettare due domande?
La risposta è semplice e chiara: “Non voglio soffrire neanche un minuto. Ma nessuno vuole più soffrire, non se n’è accorto professore?”. In fondo questo deve essere lo stesso pensiero che ha portato i quattro studenti del Parini di Milano ad allagare la scuola per evitare un compito di greco. Non volevano soffrire. ...

di Marco Lodoli  da http://www.repubblica.it/

Il vero alchimista è quello strano individuo – non identificabile con alcuna società, religione o periodo storico – che decide di dedicare la propria vita alla trasmutazione del Piombo in Oro. È una figura astorica in quanto sovrastorica.

Un individuo, maschio o femmina, che si prefigge come scopo di vita tale Opus Magnum (Grande Opera) tiene in massimo rispetto proprio la sostanza meno nobile, il Piombo, in quanto questa è la materia prima da cui sa di poter ricavare un bene assai più prezioso, l'Oro. Certamente non cerca di rifuggirlo, bensì ringrazia il Cielo tutte le volte che ne incontra una certa quantità sul suo cammino.
Egli ama sommamente il Piombo perché ha la capacità di vedere oltre le apparenze: non lo giudica per ciò che è, ma per ciò che può divenire nelle sue mani.

Ebbene, noi tutti – volenti o nolenti – siamo alchimisti venuti sulla Terra a trasmutare il Piombo in Oro, ma allo stesso tempo alberghiamo in noi una natura animale che ci fa comportare alla stregua di ominidi capaci di solo pensiero pre-logico, per cui allontaniamo il Piombo appena ne fiutiamo anche solo l’odore.

Il Piombo è la nostra sofferenza... e la nostra sofferenza è di piombo.
L’Oro rappresenta la Gioia, l’Amore, la Ricchezza, l’Abbondanza, la Creatività, l’Imprevedibilità, l’Impeto Guerriero e tutte le altre qualità che è possibile ricavare da una corretta trasmutazione della sofferenza.

Quando soffriamo dovremmo letteralmente gettarci sulla nostra sofferenza ed estrarne il meglio. Spremere l’Oro dal Piombo. L’angoscia, lo stress, la gelosia, la rabbia... rappresentano occasioni imperdibili per balzare in alto.

Presso alcune scuole esoteriche del passato si lavorava con la “sofferenza volontaria“. Ciò significa che l’istruttore imponeva agli allievi delle sofferenze e dei sacrifici, non necessari dal punto di vista della sopravvivenza quotidiana, al fine di sottoporli a costante tensione. Erano sofferenze supplementari – fisiche, emotive e mentali – create ad hoc per consentire una trasmutazione e quindi un’ascesa più rapida.
Oggi questo trattamento non è più indispensabile perché le condizioni vibratorie del pianeta sono tali per cui le ordinarie sofferenze quotidiane offrono già una quantità di stimoli più che sufficiente a una rapidissima evoluzione.
In altre parole, abbiamo tutta la sofferenza che ci serve. Sta a noi approfittarne.

La nebulosa concezione della vita che abbiamo mendicato da scuola, parenti e telegiornali, ci porta invece a voler cancellare la sofferenza dal nostro orizzonte: preferiamo morire piuttosto che vivere senza un arto, smettere di innamorarci piuttosto che affrontare nuovi abbandoni, prendere psicofarmaci piuttosto che iniziare a guardarci dentro…

Lanciamo ai giovani un’esortazione antica e rivoluzionaria: fate l’amore con la sofferenza. Possedetela e accoglietela. Non fatevi schiacciare, ma instaurate con lei la stessa complicità che si crea fra due amanti clandestini. In pubblico fingete rifiuto e distacco… ma in privato gettatevi uno nelle braccia dell’altro.

Il comportamento dell’alchimista di fronte alle difficoltà della vita:
-- Osserva con consapevolezza le reazioni della sua macchina biologica all’evento esterno (pensieri, emozioni, sensazioni fisiche).
-- Non attribuisce a una persona o a un evento esterno la causa del suo star male, poiché è perfettamente cosciente di aver creato lui la situazione in cui si trova.
-- Sa di poter influenzare il corso degli eventi esterni se riesce a modificare la sostanza emotiva che si trova al suo interno.
-- Osserva con piena consapevolezza e senza identificazione il dolore della macchina biologica. Non tenta di reprimere o ignorare la sofferenza. Manda amore e compassione verso questo dolore (a questo punto risultano utili alcune modalità operative riportate in Zero Limits e The Key di Joe Vitale, o nel mio Officina Alkemica).
-- A un certo momento del processo – talvolta subito, talvolta dopo molti tentativi – l’energia della sofferenza sale dalla pancia verso il Cuore per venire trasmutata in un’emozione di Gioia.
-- Anche la realtà esterna viene modificata: persone e situazioni cominciano inevitabilmente a cambiare. La trasmutazione del Piombo in Oro fa sì che, fra le altre cose, l’alchimista cominci a possedere Oro non solo interiore ma anche fisico, in accordo con l’antica tradizione che lo vuole capace di arricchirsi anche economicamente, con il fine di utilizzare parte di questa ricchezza come sostegno per i bisognosi. In tal modo mette in atto una forma di gratitudine verso la Vita che gli ha concesso di portare a termine l‘Opera.

Salvatore Brizzi
NON DUCOR DUCO
(non vengo condotto, conduco)



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venerdì 21 gennaio 2011

La mia angoscia soffre d'insonnia


Quanto più ci innalziamo, tanto più piccoli sembriamo a quelli che non possono volare.
Friedrich Nietzsche

Gli schemi mentali e le emozioni negative che pervadono i miei corpi non compaiono solo quando li percepisco coscientemente, ma continuano a far parte di me in ogni istante della mia vita.

Questo significa che anche nei momenti della mia vita in cui sono più rilassato e mi osservo, sono comunque sempre IO a essere rilassato, e io non divento una persona diversa per il solo fatto che in quel momento le caratteristiche della mia personalità non si stanno esprimendo in maniera evidente. Ad esempio, se covo dentro di me del risentimento verso il mondo, questo risentimento fa parte dei miei corpi – fisico, emotivo e mentale – e continua a impregnare i miei corpi anche quando non sto provando risentimento in maniera cosciente. In realtà io sto provando risentimento SEMPRE, in quanto esso non è un qualcosa che va e viene, ma fa parte della materia sottile con cui sono costruiti i miei corpi. Alle volte mi accorgo di questo risentimento perché appare evidente nei miei pensieri o nelle mie emozioni, ma per la maggior parte del tempo esso rimane latente, nell’inconscio.

La mia pelle è sempre con me, anche se io non sono mai cosciente della mia pelle, se non quando questa richiama la mia attenzione perché mi prude o si scotta, ma ciò non mi autorizza a pensare che essa scompaia quando io non ne sono attivamente cosciente.

Sono rilassato, ma l’aggressività pervade ancora i miei corpi; sono rilassato, ma la paura è sempre costantemente dentro di me; sono rilassato, ma l’angoscia è laggiù, in fondo alla caverna, che mi aspetta. Io sono solo saltuariamente cosciente della bramosia, dell’aggressività e della paura che mi porto dentro, tuttavia queste sono sempre con me, perché costituiscono la materia di cui è fatta la mia personalità. Desideri, paure e pregiudizi fanno da sfondo alla mia vita di tutti i giorni anche nei momenti in cui non li sento e mi credo rilassato e in pace con me stesso. Una tigre può sembrare un docile gattone nei momenti in cui è tranquilla, ma resta pur sempre una tigre, con tutte le potenzialità di un animale feroce.

I momenti in cui ci crediamo rilassati sono i momenti in cui tutti gli aspetti della personalità restano sotto il livello della coscienza mantenendo la loro consistenza di Ombre. Ma ciò non implica che tali aspetti non siano attivi ventiquattro ore al giorno. Mentre meditiamo o ascoltiamo musica new age il senso di competitività, il senso di inadeguatezza, il giudizio contro il mondo e la paura della vita continuano a far parte di noi esattamente come prima, ma non riusciamo a percepirli coscientemente. Li percepiamo solo quando affiorano nei nostri pensieri o nelle nostre azioni: se aggredisco selvaggiamente il mio assicuratore, almeno in quell’istante vedo che dentro di me è presente l’aggressività, ma il fatto che la veda unicamente in determinate occasioni non significa che la notte, mentre dormo l’aggressività non sia più dentro di me. Per riuscire a cogliere la natura dei nostri corpi anche quando siamo rilassati dovremmo essere in grado di percepire le vibrazioni sottili di cui è composta la sostanza dei corpi che costituiscono la personalità, dovremmo cioè percepirci in un lampo intuitivo come osservatori distaccati dei nostri corpi.

Ciò che noi siamo è pregiudizio e paura allo stato solido, e ogni nostra azione quotidiana è pervasa dei nostri pregiudizi e delle nostre paure, anche quando non ce ne rendiamo conto. Essi lavorano costantemente al nostro interno e si riflettono nei nostri gesti, nell’intonazione della nostra voce, nel nostro modo di respirare o di camminare, nei nostri sguardi e nelle nostre parole, nella salute della nostra pelle e nell’aspetto dei nostri capelli. Nel corso di una normale giornata non ci avvediamo di nulla... viviamo nel sonno. Ci accorgiamo, e gli altri si accorgono, solo degli stati di malessere più evidenti. TUTTAVIA ANCHE NEL CORSO DI UNA PACATA E AMICHEVOLE CONVERSAZIONE SIAMO COSTANTEMENTE SPAVENTATI, SIAMO COMPETITIVI E STIAMO GIUDICANDO MALE CHI CI STA DI FRONTE. Pertanto solo a un osservatore esperto risulterà evidente dal nostro sguardo, dall’inflessione della nostra voce e da alcuni particolari termini utilizzati, che dentro di noi, anche in quel momento, non siamo così equilibrati come crediamo di essere.

Se ci sprofondiamo in un’osservazione sincera e “spietata” viene alla luce qualcosa di terribile e magnifico allo stesso tempo: nel profondo di noi stessi non possiamo fare a meno di odiare gli altri per il solo fatto che esistono e sono oggetti separati da noi. Temiamo gli altri e li odiamo perché si aggirano come pericolosi spettri al di fuori di noi. Ci sentiamo inadeguati perché esiste un mondo separato da noi, di cui noi non ci sentiamo parte. L’Io è un atto di separazione dalla Vita, e la separazione è sempre sofferenza, in quanto comporta attrito nel fluire indistinto della Vita. Detto in altro modo: l’Io è un atto di volontà che crea un’interferenza cosciente, una bolla spaziotemporale nella Vita aspaziale e atemporale.


La soluzione è, come sempre, una diretta conseguenza del problema. SE LA MIA ANGOSCIA ESISTENZIALE È SEMPRE LEGATA A ME PERCHÉ FA PARTE DEI MIEI CORPI COME NE FA PARTE LA MIA PELLE, L’UNICO MODO CHE HO DI NON SOFFRIRNE È DISIDENTIFICARMI DA QUESTI CORPI, cogliere l’angoscia dall’esterno e tuffarmi in lei per possederla e renderla finalmente MIA, perché è un’energia che conosco intuitivamente, che io stesso sono, che domino e all’occorrenza utilizzo.

Così, succederà un bel mattino, che invece di svegliarci e sentirci angosciati per il peso dell’esistenza, ci sveglieremo... e VEDREMO l’angoscia per il peso dell’esistenza. È la percezione di un istante, e a chi è poco attento può sembrare una differenza trascurabile, invece si tratta dello scarto che c’è tra la vita e la morte. Quella opprimente sensazione per un istante sarà lì, di fronte a noi, nuda e impotente; e allora capiremo che eravamo proprio noi a darle la forza per tenerci schiavi.
Costituisce esperienza piuttosto bizzarra accorgersi che l’angoscia, la rabbia, la paura possiedono una loro vita autonoma, e lavorano sempre, indipendentemente dal fatto che noi, la coscienza ospitante, dormiamo o siamo svegli.

Ora non v’è più dubbio: la mia angoscia soffre d’insonnia; e io, come coscienza, non ho nulla da spartire con quell’angoscia.

Salvatore Brizzi
NON DUCOR DUCO
(non vengo condotto, conduco)



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giovedì 13 gennaio 2011

Gurdjieff è morto



Salvatore Brizzi intervista



Nel corso di questa intervista, rilasciata per la libreria Esoterica di Milano, a un certo punto affermo che Gurdjieff è morto (nel 1949) e che il suo metodo, portato avanti all’interno di talune Scuole odierne, è anch’esso defunto.
Amo Gurdjieff e il suo insegnamento, l’ho sempre considerato un alchimista di massimo rispetto e sono convinto che da pag. 200 a pag. 215 di Frammenti di un insegnamento sconosciuto siano contenute le chiavi per l’Opera Alchemica (costruzione dell’anima e quindi raggiungimento dell’immortalità) e per ogni serio Lavoro su di sé.

Senza il suo insegnamento sarei ancora morto.

La mia affermazione – come al solito eccessiva, ma oramai ci siete abituati – vuole solo mettere l’accento su un’incongruenza di fondo: esistono “scuole di Gurdjieff” nonostante non ci sia più Gurdjieff.
Questo è un problema.
Il metodo di Gurdjieff era infatti un tutt’uno col personaggio stesso. Egli non si limitava a trasmettere determinate conoscenze, non era un semplice conoscitore di simboli e metodi, i quali possono anche venire trasmessi a uno o più successori, come si fa con una filosofia o una tecnica di meditazione; egli INCARNAVA il metodo stesso... per cui tale metodo in sua assenza non ha più motivo né capacità di esistere.
L’Esoterismo – e quindi l’esperienza del Risveglio – sono sempre esistiti ed esisteranno sempre, ma il metodo utilizzato da Gurdjieff per favorire questo Risveglio ci ha lasciati insieme a lui.

Ciò significa che i gruppi cosiddetti di “quarta via” – e in generale i gruppi ispirati al lavoro di Gurdjieff e ai libri di Ouspensky – sono tutti irrimediabilmente orfani della presenza del Maestro. Io sono stato all’interno di alcuni di questi gruppi, in varie città, alcuni di essi erano anche in contatto con i colleghi francesi o americani, ma mai mi sono trovato di fronte a una persona SVEGLIA alla testa di questi gruppi. Tutti nel gruppo erano sempre perennemente “in cammino”, e si vantavano democraticamente di questo. Quando, raramente, mi veniva indicato qualcuno a capo di un gruppo che invece, a detta di molti, “ce l’aveva fatta”, in realtà non era vero, lo sviluppo era errato, il Cuore non era aperto, si trattava solo di una mente molto forte, molto abile negli esercizi mentali, che aveva preso il controllo del centro emotivo (ma quasi mai di quello sessuale) e aveva scambiato questo per risveglio.
Il cocchiere al limite dominava i due cavalli e quindi la carrozza, ma la voce del passeggero restava inascoltata.

Sono stato fortunato ad aver conosciuto Victoria Ignis prima di gettarmi totalmente nella Ricerca, perché sono potuto entrare e uscire da gruppi e scuole senza provare alcuna identificazione e osservando tutto “dal di fuori” con occhio distaccato e smaliziato. Se le cose non fossero andate così, il mio bruciante desiderio di diventare “un bambino in carne e ossa” invece di restare un burattino, probabilmente mi avrebbe trattenuto per dieci anni in uno di questi gruppetti a leggere I racconti di Belzebù e a fare esercizi di conteggio mentale in uno stato semi-ipnotico.

Ovviamente, mi riferisco alla mia esperienza personale. È possibile – anzi è sicuro – che esistano nel mondo gruppi tenuti da Maestri all’altezza di un Gurdjieff o quasi, in grado cioè di creare le condizioni per un autentico Risveglio (uno l’ho anche frequentato per un po’ di tempo, ma poi si è perso). Ma non è detto che un tale Maestro si debba identificare con l’insegnamento di Quarta Via in particolare.
L’Esoterismo Cristiano – di cui anche Gurdjieff ammetteva di far parte – è più che sufficiente come etichetta, se proprio se ne deve usare una.

Gurdjieff non era semplicemente sveglio, Gurdjieff ti leggeva dentro e applicava su di te un “trattamento personalizzato” che creava le condizioni migliori per la costruzione della tua anima, per l’edificazione di un vero Io che sopravvivesse alla morte dei corpi fisico, astrale e mentale (come spiego in La Porta del Mago).

Io non sono in grado di fare questo e tutti i giorni ho sotto gli occhi la distanza fra ciò che poteva fare lui e ciò che posso fare io. Il paradosso è che proprio chi non è sveglio non riesce a cogliere questa distanza e può trovare il coraggio d’improvvisarsi istruttore “alla Gurdjieff”. Più sei sveglio e maggiormente ti rendi conto di ciò che poteva fare quell’uomo – e già chiamarlo uomo significa non rendergli onore.

Come quando ti trovi di fronte a Gesù – e il paragone non è casuale, alcuni segni mi fanno capire che potesse essere stato uno dei dodici – vieni sopraffatto dalla sensazione di essere totalmente nudo, privo di difese, e che difenderti ti farebbe solo male. Gesù e Gurdjieff VEDEVANO in quale fase della sua evoluzione si trovava la persona che avevano di fronte, SENTIVANO sempre cosa stava accadendo dentro di lei e potevano agire di conseguenza per facilitare certi processi interiori e limitarne altri. Questo significa essere autentici maestri. Stare seduti in una stanza ripetendo che “tutto è Uno” non basta.

Il Risveglio o l’Illuminazione sono due stati che non implicano necessariamente anche la qualità della maestria, a meno che per “maestria” non s’intenda semplicemente l’atto di parlare in pubblico dello stato che si è realizzato.
Se io mi sveglio e inizio a raccontarlo a un pubblico, non per questo sono diventato un Maestro!
Ho conosciuto una donna che si è identificata con l’Uno... e ha continuato a fare la casalinga e allevare i suoi due figli.

In uno dei gruppi dove sono stato per un breve periodo alla fine degli anni ’90, ci si riuniva in una casa privata per leggere e commentare i libri di Gurdjieff e Ouspensky. Regolarmente veniva fatto svolgere per un’intera mezz’ora il seguente esercizio: ci si siede, eretti, con le mani sopra le ginocchia. Girando lentamente la testa verso sinistra, si deve guardare il braccio sinistro e sentire il braccio destro, avere la sensazione del braccio destro. Poi, dopo qualche secondo, si deve ruotare lentamente la testa verso destra, guardare il braccio destro e sentire il braccio sinistro. E così di seguito.

È uno degli esercizi più noti fra quelli dati da Gurdjieff... ma lui non era lì a controllare quali effetti causava questo esercizio sui singoli membri del gruppo (cinque o sei al massimo). Io, per esempio, più di una volta la sera rientrato a casa non ero stato bene: mal di testa e nausea. Ma questo è il meno, perché in verità diversi esercizi possono talvolta produrre queste controindicazioni a causa della mancanza di abitudine. In aggiunta mi resi conto che l’esercizio, mentre all’inizio ti costringeva a una maggiore Attenzione, con il tempo provocava uno stato leggermente ipnotico, uno stato di piacevole nebulosità, che andava nella direzione dell’incoscienza anziché del risveglio. In alcuni membri del gruppo ciò era evidente, ed era incredibile ai mie occhi che interpretassero come benessere quello stato di maggiore addormentamento.
In alcuni gruppi – di solito in buona fede – questo stato veniva inconsapevolmente utilizzato da chi reggeva il gruppo, per “trattenere” gli allievi all’interno del gruppo stesso. Si creava così una dipendenza dalle sessioni di Lavoro.

Sono sicuro che lo stesso esercizio, dato da Gurdjieff, con le giuste indicazioni, coadiuvato da un monitoraggio regolare dello stato interiore delle persone, non scadesse nell’ipnosi (fenomeno che Gurdjieff conosceva bene e praticava nella cura delle dipendenze da alcool e tabacco).

Dove non c’è Cuore non c’è Risveglio.
E non c’è metodo che tenga.
Per comprendere davvero cos'è il Lavoro occorre un tipo d’intelligenza poco diffusa. Conosco persone che credono di essersi risvegliate perché sono diventate Reiki Master!

Con il Lavoro si tenta un’impresa ardua – contronatura – che si muove nella direzione opposta alla naturale meccanicità, nel tentativo di “spremere” fuori dalla »macchina biologica« un Ego, un vero Io.
Pensate che invece tutti gli esseri umani credono di averlo già!
Lo credono anche le persone che si interessano di spiritualità, le quali non solo non lo hanno, ma lottano per distruggerlo... esattamente come se lo avessero!
Lottano contro un fantasma.
A nessuno viene in mente di essere nessuno.

L’ambizione luciferina del Lavoro è la rottura delle leggi naturali in funzione della fabbricazione di un Qualcuno con capacità di decidere e fare.
In seguito, quando si è divenuti Qualcuno, si potrà anche decidere di immolarsi ai piedi dell’Uno.
Dare per scontato il proprio Ego fa invece ancora parte della trappola.


Clicca sull’immagine per vedere il video Ricordo di sé:

Salvatore Brizzi Ricordo di sé


Salvatore Brizzi
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