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venerdì 21 giugno 2013

Victoria Ignis e il dolore


“Lo stress del lavoro d’ufficio mi sovrastava e io diventavo sempre più inadeguato e insoddisfatto di me e, soprattutto, arrabbiato con me stesso e con la vita. Perché avevo scelto quel dannato lavoro? Perché, più in generale, avevo scelto di lavorare? Perché mi ero incarnato su questo fottuto pianeta? Maledetti i miei genitori che mi avevano dato una vita che io non avevo mai chiesto!
Con quale facilità quei pazzi ignoranti si permettevano di mettere al mondo dei figli dentro questo schifo di meccanismo perverso?”

“Il dolore dell’asservimento quotidiano diventava insopportabile quando mi rendevo conto che non c’era via d’uscita, che il problema in fondo non era il lavoro, perché un altro lavoro sarebbe stato uguale, se non peggio. Il problema erano i 1.400,00 euro al mese, il problema erano le bollette da pagare se non volevo tornare a vivere dai miei, il problema era un ingranaggio del cazzo che mi stava stritolando.
Ma ancora più atroce era la consapevolezza che, forse, il problema ero proprio io che non mi sapevo adattare. E io non mi sarei mai adattato.
Quando un giorno mi sorpresi a navigare disperato tra i forum dove si riuniscono gli adolescenti (11-12-13-14 anni) aspiranti suicidi (!!!), realizzai quanto ero sceso in basso... e improvvisamente mi tornò in mente Lei.”

Non c’è mai un mondo. C’è sempre solo una particolare visione del mondo a cui ogni giorno mollemente aderisci. È una morbida discesa verso il baratro dei calpestati dalla vita. La discesa è sempre liscia e priva di ostacoli. Invitante come quella d’uno scivolo al parco giochi. È la salita a essere ardua, per questo motivo solo i risoluti la intraprendono. I Senza Sonno erano abili scalatori.

È semplice: ti lasci andare un attimo e tu diventi effetto mentre il mondo diventa causa. È quasi indolore... all’inizio. Cominci con lo sperare che qualcosa nella tua vita vada bene... che ne so... l’esame, il lavoro, trovare parcheggio. Ma cos'è la speranza se non la paura che qualcosa possa non andare come vuoi tu? Speri quando hai paura, quando non ti fidi più della vita.
“Spero di non ammalarmi.” Ti dici. Oppure: “Spero che non mi licenzino.” “Speriamo che arrivi quella somma di denaro.”
Questo mi raccontava Victoria Ignis, sospirando, tra l’ironico e l’annoiato.

Ma a questo punto è già fatta. Quando speri, hai già perso la tua sovranità. Il mondo predispone per la tua vita e tu non puoi che continuare a sperare, a pregare che il mondo onnipotente non sia troppo severo con te.

“Eccone un altro che si è lasciato andare. Non ci darà più fastidio. Possiamo volgere lo sguardo altrove.”
Sentenziano le Sentinelle Cieche. Loro sono le guardiane di questo angolo di Universo: fanno in modo che il numero di coloro che si “svegliano” non superi mai una certa soglia, affinché le masse – alla stregua di inconsapevoli batterie – continuino a produrre meccanicamente la quantità di energia necessaria al mantenimento dell’equilibrio cosmico. Solo pochi hanno il diritto di evadere. E sai cosa mette davvero in allarme le Sentinelle? L’assenza della manifestazione del dolore. Rispettano solo coloro che non permettono all’interno di sé la più piccola smorfia di dolore.

“Coloro che non provano mai dolore? Ma è possibile?”

Non so se è possibile non provare mai dolore. In tutta sincerità credo che se adesso un ferro da stiro mi cadesse sulla testa dal secondo piano di questo palazzo, proverei una grande quantità di dolore. Ma non hai colto il punto. Le Sentinelle Cieche sentono l’odore di coloro che pur soffrendo non lo danno a vedere. Coloro che non si lamentano mai, che non esprimono smorfie di dolore. I Senza Sonno erano addestrati a circoscrivere le emozioni negative al loro interno. Non significa che non soffrissero, o che volessero reprimere la sofferenza, tutt’altro, avevano oramai fatto pace con le loro emozioni, ma in seguito ad anni di Lavoro, al loro interno si era formata un'Essenza più forte di ogni dolore. Per quanto lo comprendessero e non se ne vergognassero, anche quando venivano feriti in battaglia, stavano in silenzio e facevano in modo che il dolore – elemento alchemico prezioso – non si disperdesse all’esterno e non coinvolgesse altri. Usavano l'energia del dolore per diventare più forti.
D’altronde a cosa sarebbe servito gridare o dimenarsi?
“Quando il dolore ti attacca, ingoia il dolore.” Diceva Draco Daatson.
I Senza Sonno morivano tutti in silenzio. La loro ultima parola era la loro inamovibile Presenza.
Solo esseri di questo calibro mettono in allarme le Sentinelle.

“Ma cosa diavolo posso fare io? Non mi pare di comportarmi in maniera  così diversa da tanti altri ragazzi insoddisfatti del proprio lavoro.”

Infatti, ti sei comportato proprio come qualunque altro perdente. Hai perso potere. Ti ho lasciato solo per due mesi nel nuovo posto di lavoro e hai perso buona parte del potere che avevi acquisito. Hai ricominciato a lamentarti e sei caduto in depressione. Eri nuovamente sull’orlo del suicidio. Alice nel Paese delle Meraviglie che annega nelle sue stesse lacrime. Quando ti dimentichi di me, ti rimpicciolisci e il mondo diventa un gigante. Quando ti ricordi di me, il mondo rimpicciolisce e tu torni a essere un gigante.

Ricorda, mio amato: ogni lamentela è un canto di sconfitta, è il caotico frastuono dei cavalli d’un esercito che batte in ritirata. Più ti lamenti più stringi le corde che ti legano all’oggetto della tua lamentela.
Ecco perché oggi mi sono compiaciuta di portarti un’ennesima goccia di Vril.

Tratto da “Il libro di Draco Daatson – Parte seconda” (non ancora in commercio)

Libro consigliato: Ninja - Controllo della mente

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giovedì 13 giugno 2013

La »spettralità«


Per il mio post questa volta non prendo spunto da un libro o da una rivista, bensì da un film, After Earth, del regista M. Night Shyamalan, interpretato da Will Smith e suo figlio, anche nella vita, Jaden Smith. La trama appartiene alla fantascienza classica: gli umani continuano imperterriti la loro opera di inquinamento e distruzione della Terra tanto che fra mille anni si ritroveranno evacuati sul pianeta Nova Prime, dove però sono costretti a condividere il nuovo ambiente con una razza aliena che intende sterminarli. A tale scopo gli alieni creano in laboratorio degli animali/combattenti, gli Ursa, i quali sono ciechi, ma capaci di fiutare la paura che gli umani emettono tramite il rilascio involontario dei feromoni.

E qui arriviamo all’aspetto più interessante di questo film – scritto e prodotto da Will Smith, che evidentemente ci teneva alla sua realizzazione – che quasi nessun critico cinematografico ha saputo riconoscere. Il film infatti è stato velocemente relegato dalla critica tra la fantascienza classica statunitense con contorno di buoni sentimenti e accenno di psicologia elementare nel rapporto padre/figlio. Ma a saper guardare (ad avere occhi per vedere) il film è ben altro!

Per difendersi da questi terribili mostri ciechi, alcuni soldati umani hanno sviluppato la »spettralità«, ovvero una condizione psicologica e fisiologica nella quale non si prova paura e si diventa quindi automaticamente invisibili agli Ursa. Il primo a riuscirci, quasi accidentalmente, è il protagonista interpretato da Will Smith, e in seguito il corpo militare dei Rangers addestra sistematicamente i suoi uomini a non provare più l’emozione della paura, non rilasciare più feromoni e quindi diventare soldati “invisibili” al nemico.

All’invisibilità – la »spettralità« del film – io dedico una lezione del secondo anno del Corso di Risveglio. Talvolta gli stessi partecipanti al corso non capiscono bene perché ho voluto inserire una lezione del genere all’interno di un corso che ha come scopo l’apertura del Cuore. L’invisibilità veniva obbligatoriamente sviluppata durante il corso di addestramento dei guerrieri ninja, i quali l’hanno portata alla sua massima espressione; ma fa parte integrante del cammino di un qualunque monaco-guerriero, appartenente a una qualsivoglia tradizione, in occidente come in oriente.

Il figlio del protagonista è un giovane aspirante guerriero, un piccolo ninja, che nel corso del film vive la sua iniziazione, costellata di tappe, imparando a dominare il suo corpo emotivo, vincere la paura e diventare invisibile ai mostri che “si nutrono delle nostre paure”. L’idea del “rito di passaggio” – ma anche la realizzazione, perché alcune scene sono identiche – è la stessa che troviamo nell’addestramento di Leonida quando è ancora poco più di un bambino nel film 300 di Zack Snyder. Altro film da non perdere.

Il padre/maestro che ordina “ginocchio a terra” quando il suo figlio/allievo si lascia prendere da un’emotività incontrollata fa parte di un’usanza tradizionale, presente soprattutto fra i Cavalieri Templari, ma anche fra i praticanti di arti marziali. Il ragazzo s’inginocchia per “tornare a sé”, per “ricentrarsi”. Il padre/maestro in quelle occasioni lo invita a radicarsi nel Presente e a concentrarsi sulle sensazioni interne.
“La paura è un’emozione inventata dall’uomo e in realtà non esiste. Il pericolo invece esiste, ma la paura è sempre una scelta.”

Victoria Ignis ne Il libro di Draco Daatson spiega:
Quando ti avvicini lui sente la tua paura, la tua agitazione interiore. Non puoi nasconderle. La nostra paura ha un odore bene preciso, che gli animali sono ancora in grado di avvertire. Un cane sente la tua paura o la tua aggressività... e quindi ti attacca. Ma anche gli esseri umani avvertono le emozioni degli altri esseri umani, solo che non ne sono consapevoli, tuttavia re-agiscono anche in base a questi stimoli inconsci.

La preda sente l’emanazione sottile della tigre – la sua tigrità – molto prima di avvertirne l’odore fisico. La paura che a questo punto prova, come conseguenza attira ancora di più il predatore. Una tigre non insegue una preda... ma la scia di paura che questa emette.

Per questo motivo il Guerriero non deve emanare nell’ambiente emozioni e pensieri.  

Le emozioni e i pensieri non sono concetti astratti, bensì “cose” con una loro precisa consistenza – un peso, un suono e un colore – e si muovono nello spazio. Per cui un appartenente alla scuola dei Senza Sonno – più antica degli stessi ninja – che voleva davvero diventare invisibile, sapeva di non poter contare unicamente sulla sua capacità di muoversi silenziosamente e mimetizzarsi con l’ambiente circostante, doveva anche addestrarsi nell’Arte di eliminare pensieri ed emozioni. Dentro di lui doveva esserci il vuoto più assoluto.

La »spettralità« – l’invisibilità – è la capacità di non fare più attrito con l’Esistenza su nessun piano: né fisico, né emotivo, né mentale. Questo non può essere raggiunto sforzandosi di fermare i pensieri o reprimendo le emozioni, in quanto questi stessi tentativi produrrebbero “rumore” e ci renderebbero visibili. Un guerriero deve essere entrato nell’Accettazione più totale, poiché solo lo stato di coscienza dove non esiste più attrito impedisce la produzione involontaria di pensieri ed emozioni. L’Accettazione di quanto accade istante dopo istante, in un continuo Presente, annulla quelle interferenze vibratorie prive di alcun significato che noi ci ostiniamo a definire “pensiero”, quando invece si tratta solo di “rumore nella testa”.

Per quanto l’idea di partenza fosse ottima, a mio parere il film è riuscito solo a metà, in quanto non sviluppa adeguatamente l'idea iniziale, per esempio, concedendoci almeno qualche scorcio di quello che poteva essere l’addestramento di questi nuovi guerrieri. In ogni caso, un film da vedere.

Libro consigliato: L’arte dell’invisibilità, Hermes Edizioni.

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venerdì 7 giugno 2013

Gurdjieff


“Vorrei dare inizio a questo articolo partendo da una considerazione circa il grande fraintendimento che si è creato intorno al lavoro di Gurdjieff. Questo bizzarro personaggio non ha mai fondato delle scuole atte a trasmettere una conoscenza, ma si è sempre sforzato di creare veri e propri “laboratori alchemici” attraverso l’utilizzo di materiale umano vivo… o, almeno, sedicente vivo. Di trasmettere un metodo in maniera sistematica non si è mai curato, e ne è testimonianza il fatto che, nonostante abbia lavorato per decenni e scritto per diversi anni, noi oggi siamo alle prese unicamente con dei “frammenti” del suo insegnamento, e questo vale anche per quei gruppi che sono collegati ai suoi studenti – russi, americani o francesi che fossero – per discendenza diretta. Non esiste nessuno al mondo che può vantarsi di possedere “il metodo”. Non esistevano scuole di Gurdjieff o di Quarta Via quando lui era in vita e a maggior ragione non ne sono mai esistite dopo la sua morte.
Se non possediamo un insegnamento completo è perché lui non ha voluto che lo possedessimo, non certo perché si è distratto e gli è sfuggito di mente!”
[... ... ...]

Questo è l’incipit del mio articolo “I laboratori alchemici di Gurdjieff” che compare sul numero 10 della rivista Oltreconfine – Cronache dai mondi visibili e invisibili. Io non ci guadagno niente a parlare bene di questa rivista, ma lo faccio volentieri perché conosco i ragazzi che la editano e la considero attualmente la migliore rivista del panorama italiano in fatto di temi esoterici. Nel loro sito potete acquistarla in versione digitale oppure guardare nell’elenco dei rivenditori della vostra regione e procurarvene una copia cartacea (ve lo consiglio vivamente; io sto collezionando tutti i numeri).

Questo numero della rivista è dedicato alla figura di Gurdjieff, per cui la redazione mi ha chiesto di scrivere un articolo sul famoso alchimista e maestro di danza armeno che ancora oggi viene scambiato per un guru spirituale.

Gurdjieff è (quelli come lui non muoiono mai) uno dei più grandi alchimisti che siano mai vissuti; la sua grandezza è pari a quella di Nicolas Flamel, Cagliostro e Paracelso che hanno fatto la storia sia della Magia che dell'Alchimia. Da pagina 200 a pagina 215 dell’edizione italiana di Frammenti di un insegnamento sconosciuto di Ouspensky c’è la spiegazione più completa e precisa che io abbia mai letto delle tappe essenziali del lavoro alchemico e di come ottenere l’immortalità per mezzo della fabbricazione dell’anima. Pur essendo il libro di Ouspensky solo una raccolta di frammenti, tuttavia in quelle quindici pagine è riportata una spiegazione più esauriente che su mille altri indecifrabili – e molto più incompleti – testi di Alchimia. Sarebbe disonesto da parte mia non aggiungere che comunque, per comprendere quelle quindici pagine, è necessario leggere più volte tutto il libro e leggerne molti altri ancora.
Posso tranquillamente affermare che i miei primi tre libri sono stati scritti per spiegare e rendere accessibili al maggior numero di persone possibile quelle quindici pagine.

Detto questo, non può esistere un Insegnamento di Gurdjieff o di Quarta Via codificato e sempre uguale a se stesso. Se quelle quindici pagine venissero spiegate oggi con la stessa energia con cui le spiegava Ouspensky all’inizio del secolo, non sortirebbero  più lo stesso effetto. Eppure la maggior parte delle cosiddette “scuole di Quarta Via” o “scuole di Gurdjieff” fanno proprio questo: un viaggio a ritroso nel tempo.

Sia bene chiaro che i principi dell’Alchimia sono rimasti gli stessi e quelle quindici pagine sono sempre preziose, ma vanno spiegate con l’energia del risveglio del 2013, non con quella di Ouspensky negli anni ’40!
L’Insegnamento di Gurdjieff era risvegliante per chi lo ascoltava, perché veniva esposto da Gurdjieff. Era il suo magnetismo a svegliare le persone, non i principi dell’alchimia codificati. E i suoi allievi diretti, come Orage e Ouspensky, erano a loro volta risveglianti per i loro seguaci, nella misura in cui erano in grado di irradiare lo stesso magnetismo.

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