giovedì 25 marzo 2021

Istruzioni per svegliarsi quando si hanno gli incubi

Qualche giorno fa un mio amico mi raccontava di stare attraversando un periodo in cui ha spesso degli incubi. Gli incubi sono sogni che manifestano un malessere del centro del plesso solare. Questo malessere, concernendo un disturbo del piano emotivo, si riflette in un senso di angoscia e paura. Non è quindi la storia che viviamo dentro l’incubo a provocarci il disagio emotivo, ma, al contrario, è il disagio a creare la “sceneggiatura” dell’incubo.

 
Un incubo può dipendere molto semplicemente da una cattiva digestione, che va a disturbare l’attività del plesso solare. Può anche dipendere dallo stato emotivo che si sta attraversando in un certo periodo della propria vita, oppure dall’ansia dovuta a un evento stressante (la notte prima di un esame). Si hanno molti incubi durante le crisi di astinenza da alcol e droghe. Poi ci sono gli incubi ricorrenti, che si ripresentano regolarmente nel corso degli anni e che riflettono un aspetto del proprio inconscio che deve ancora essere elaborato. È anche possibile che le persone più sensibili abbiano incubi a causa di una situazione sociale; quella che stiamo vivendo, per esempio, si presta a provocare incubi. Accade anche nei giorni successivi agli attentati, come nel caso dell’11 settembre. In quell’occasione ci furono anche molti sogni predittivi... ma questo è tutto un altro discorso.

Esistono anche incubi dovuti all’azione di entità astrali che cercano di introdursi nel nostro apparato psicofisico durante le ore notturne, quando siamo più vulnerabili, e lo fanno cercando di passare attraverso il plesso solare. Il senso di dire una preghiera prima di addormentarsi è anche quello di proteggere i propri corpi sottili da intrusioni non gradite.

Il punto su cui voglio mettiate l’accento è che la storia che viviamo dentro l’incubo viene generata a partire dallo stato di malessere emotivo... e non viceversa.

L’incubo sembra proprio reale, spesso più reale degli altri sogni, per questo motivo fa così paura. Come si esce da un incubo? Quando proviamo il senso di angoscia dobbiamo SFORZARCI DI RICORDARCI che siamo in un incubo. Per ottenere questo risultato, dobbiamo ripetercelo più volte durante il giorno, altrimenti non saremo preparati durante la notte: «Se sto male e provo angoscia, significa che mi trovo dentro l’incubo!» Ce lo dobbiamo ripetere fino a che non diventa una convinzione radicata dentro di noi. Questo crea un “ancoraggio” – un’associazione automatica e immediata – tra il senso di angoscia e la consapevolezza di essere in un incubo. Se l’ancoraggio è riuscito bene – occorrono tempo e perseveranza – ogni volta che cominciamo a provare angoscia dentro un incubo, diveniamo consapevoli di dove siamo e ci svegliamo in maniera automatica.

All’inizio è difficile. Sembra impossibile riuscire a “fabbricare consapevolezza” dentro un sogno, perché quello del sogno ci appare come un mondo troppo diverso da quello che percepiamo in stato di veglia, un mondo dove è impossibile penetrare con la propria coscienza: o siamo coscienti... o stiamo sognando! Invece, si può fare. E non siamo sicuramente i primi a farlo. Ovviamente, bisogna perseverare nel ricordarselo. Recitare una preghiera e dirsi qualche frase motivante prima di andare a dormire non sarebbe una cattiva idea. «Se sto male e provo angoscia, significa che mi trovo dentro l’incubo! Voglio svegliarmi!» è una frase perfetta per lo scopo.

La domanda del mio amico mi ha fatto pensare che funziona esattamente nello stesso modo per quello che chiamiamo “risveglio” nell’ambiente della spiritualità:

1)   La frase da ripetersi è la stessa.

2)   Il problema principale è lo stesso: avere la forza di ricordarselo al momento giusto.

3)   Bisogna esercitarsi con perseveranza se si vuole ottenere l’energia necessaria per rendersi conto di essere dentro un sogno mentre si sta sognando, e con la medesima perseveranza bisogna esercitarsi per fare sì che l’anima prenda consapevolezza di sé nel bel mezzo di una situazione emotiva angosciante.

In entrambi i casi risulta indispensabile associare il nostro stare male alla certezza di non essere svegli. Se ci sentiamo angosciati è perché non stiamo vivendo nella realtà, non perché una persona o un governo si stanno comportando male con noi. Suvvia, mettiamoci al lavoro.

Salvatore Brizzi

[Il mondo è bello, siamo noi ad esser ciechi]

 

 

 

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lunedì 22 marzo 2021

La multa o il manganello?

 

Quando le persone si assembrano per protestare, molte fra di loro vengono multate. Di recente è successo a Torino, ma è già successo in passato sia a Torino che in altre città. Come ho fatto notare in un commento su Twitter, stiamo parlando della repressione del dissenso attraverso le multe. Serve a scoraggiare altro dissenso. Chi vorrebbe protestare non lo fa più, perché pensa: «Hai visto che succede a chi vuole protestare in questo periodo? Possiamo solo aspettare che passi la pandemia!» 


Sappiate che la repressione attraverso le multe è peggio... molto peggio delle manganellate della polizia. Quelle poi passano, mentre le multe colpiscono te e la tua famiglia in maniera pesante, soprattutto in un periodo in cui molti lavorano poco o niente (e ovviamente sono proprio questi che protestano di più).

La polizia che si scontra con dei manifestanti, con tanto di lacrimogeni, manganellate, feriti... sembra proprio brutto da vedere ed è davvero una cattiva pubblicità per il governo di una nazione occidentale. Sembra un governo repressivo in maniera violenta. Invece il dissenso può essere vietato in maniera sopraffina, chirurgica... e ancora più efficace: colpire il cittadino nei suoi risparmi. Mentre stai manifestando, alcuni agenti, sia in divisa che in borghese, semplicemente si avvicinano e ti chiedono i documenti... ed è fatta.

Ricordo i tempi del Liceo. Qualche manganellata ogni tanto ti lasciava un bel livido nero sul braccio o sulla schiena, faceva male ma poi passava. Ma non sarei mai potuto tornare a casa dai miei genitori e dire loro che avevo preso 400 mila lire di multa! E un operaio padre di famiglia che fosse tornato a casa con una multa di 400 mila lire, cosa avrebbe raccontato alla moglie?

LORO sono geniali e lo diventano sempre di più, per cui in futuro potrebbero agire in maniera ancora differente: al momento, se mentre manifesti ti rifiuti di esibire i documenti agli agenti, potrebbero ancora nascere degli antipatici tafferugli in piazza, ma in futuro polizia ed esercito, pur essendo sempre presenti, rivestiranno più che altro una funzione contenitiva. I droni opereranno il riconoscimento facciale, ti multeranno e ti faranno il prelievo del denaro direttamente dal conto corrente; in alcuni casi verranno poi degli agenti, ma più tardi, a casa, lontano dalle telecamere, a prelevarti. Manifestare con la mascherina non è un vantaggio, come sento dire ogni tanto (lo era forse negli anni ’70 e ’80), perché i droni potranno identificarti anche solo dagli occhi e da altri tratti somatici.

Ci sarebbe un modo per non rischiare la multa: utilizzare il metodo “studente debosciato”, ossia manifestare stando sempre distanziati, con le mascherine e, soprattutto, non spostarsi da un comune all’altro con lo scopo di aderire a una manifestazione (a Torino ne sono stati multati 20 perché non sarebbero nemmeno dovuti entrare in città). Il punto è che – avendo assistito, da piccolo, a manifestazioni dove si lanciavano molotov incendiarie e si veniva trascinati sanguinanti dentro i cellulari della polizia – se oggi dovessi vedere qualcuno manifestare attenendosi a dalle regole dettate dallo stesso governo contro cui si sta manifestando (?!?!?)... andrei io stesso a menarli con un ferro da stiro, non con un manganello, perché magari in questa vita il loro risveglio deve passare da un potente schoc fisico!

Ma, ripeto, la multa fa molto più paura dello scontro diretto con le forze dell’ordine. Hanno trovato il deterrente ideale.

Osservate il volto della ragazza in primo piano nell’immagine che ho pubblicato. Mi ricordo che ero un ragazzino (8-9, massimo 10 anni) quando ho assistito (ma, ovviamente, non ho partecipato) alla mia prima manifestazione con scontri di piazza. Vi assicuro che uno sguardo implorante come quello che si legge negli occhi di questa ragazza, in quella manifestazione non lo aveva nessuno.

Come ho scritto in un altro post, quando sei schiavo di un sistema, il pacifismo non è un valore, ma un disturbo mentale. Lo slogan è antico e resta sempre lo stesso: “A chi la libertà la chiede, si risponde a sputi in faccia!”

Detto questo, continuo a ribadire – almeno per voi che leggete questi post – che l’unico modo per diventare davvero liberi è LIBERARSI DENTRO, soprattutto in questo periodo storico. Non affidate la vostra serenità interiore alle decisioni di un governo.

Post collegati a questo, che dovreste assolutamente leggere:

Ma dove sono finiti i giovani?

Precisazioni sul post: Ma dove sono finiti i giovani?

Il pacifismo è un disturbo mentale

Salvatore Brizzi

[Il mondo è bello, siamo noi ad esser ciechi]

 

 

 

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