martedì 21 settembre 2010

Io sono fermo


Il tempo è una questione di vita o di morte.
Nel tempo si muovono i morti e nell’eterno permangono i vivi.
Ucronia è la città dei vivi, di coloro che soggiornano nell’eterno, nel senza tempo. Ma Ucronia conta solo pochi abitanti, mentre le città del tempo sono catacombe affollate di salme.
Gesù diceva: “Lascia che i morti seppelliscano i loro morti.”

La vita è solo nell’Istante presente.
Non c’è spazio per la vita nel tempo.
Il tempo appartiene alla morte.
Ciò che accade nella nostra mente non è mai indice sicuro della presenza di una coscienza. Il fatto che dentro un cervello si muovano dei pensieri non prova nulla riguardo un’eventuale coscienza. La quasi totalità dei terrestri non pensa attivamente, bensì viene pensata passivamente da una voce nella testa. E a osservare questi pensieri non c’è nessuno, nel senso più letterale del termine, non c’è una »coscienza di esserci«.

Gli uomini e le donne della nuova specie sono Dei che si incarnano nel tempo, nel mondo dei morti. Qui – nell’Universo/campo di concentramento partorito dal ventre del Demiurgo – si addormentano e si credono mortali, si ammalano di finitudine. A tutti voi che leggete è successo e sta succedendo proprio questo.
Ma nell’Impero di Cronos vi viene data la possibilità di risvegliarvi e tramutarvi in eroi, provocando una deflagrazione nell’inconscio collettivo che consente ad altri Dei dormienti di accendersi d’entusiasmo e ricordarsi a loro volta di possedere un destino da eroi.

La Porta che consente di superare le mura di Ucronia è coscienza pura senza tempo: un punto senza dimensioni, un istante senza durata. Draco Daatson la descriveva magistralmente: “Il rumore dei passi di un gatto, la saliva di un uccello, il respiro di un pesce, le radici di una roccia.”
Quella Porta è una »singolarità« diremmo oggi, un non-luogo dove non valgono le leggi conosciute dello spazio-tempo.
Il premio per l’eroe è l’»eternamento«.
Allora sarà più del Dio che era prima, perché il sonno nel tempo – la caduta degli Dei – lo avrà reso infine consapevole di essere. L’innocenza primigenia è persa per sempre a causa del passaggio nell’Universo del Demiurgo, ma ha preso il suo posto un uomo-Dio provvisto di »Volontà di esserci«.

Mi siedo nell’antica posizione del »tronismos«, l’arte del sedere immobili nella quale erano maestri i faraoni egizi: seduto su una sedia, la schiena eretta, le mani sulle ginocchia. La mente ferma, le emozioni assenti, comincio a sentire il mio corpo. Tutta la mia attenzione è col corpo e nel corpo. La mente è nel tempo, nel passato e nel futuro, ma il corpo è sempre Adesso. La mente è finta, ma il corpo è vero. Questo è un modo per aggrapparsi all’Istante e svincolarsi dal tempo. La sensazione del mio corpo vivo mi tiene ancorato al presente, per qualche istante sfuggo alla tirannia della mente temporale, per qualche istante ho sconfitto Cronos.
Posso farlo anche mentre cammino o guido o mangio o, quando divento più esperto, mentre qualcuno mi parla.

Farsi trasportare dalla mente, 24ore su 24, nel passato e nel futuro, significa rinunciare ad essere qui, adesso. In tal modo l’Adesso viene schiacciato, e si contrae fino a scomparire, compresso fra ricordi e anticipazioni. Vivo quindi una vita immaginaria, edificata su una serie infinita di immagini mentali – piacevoli o spiacevoli che siano – che appartengono al passato o a un ipotetico futuro. Pertanto il Presente diviene sfuggente, impalpabile, non vissuto, non reale. Questa è l'affannosa pseudo-vita che si vive nel mondo dei morti.
Ma l’eroe ha trovato la Porta e ha varcato la soglia. Se mi concentro sull’Istante e lo alimento, gli permetto di crescere, sottraendo energia alla mente e al tempo, questo si espande... prende vita. Allora l’unica cosa che vale la pena vivere, perché è veramente esistente, diviene proprio quell’Istante, mentre il passato e il futuro – che prima idolatravo come divinità – si scoprono illusori, precari, fragili...

A questo punto posso muovermi nel tempo pur essendone libero, pur restando radicato nell’Istante presente: questo è l’»eternamento«.
Un altro eroe è nato a seconda vita.

Alessio Bertallot - Sono fermo
L’inferno dei viventi non è qualcosa che sarà; se ce n’è uno, è quello che è già qui, l’inferno che abitiamo tutti i giorni, che formiamo stando insieme. Due modi ci sono per non soffrirne. Il primo riesce facile a molti: accettare l’inferno e diventarne parte fino al punto di non vederlo più. Il secondo è rischioso ed esige attenzione e apprendimento continui: cercare e saper riconoscere chi e cosa, in mezzo all’inferno, non è inferno, e farlo durare, e dargli spazio.
Italo Calvino, tratto da Le città invisibili


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Salvatore Brizzi
NON DUCOR DUCO
(non vengo condotto, conduco)