giovedì 3 marzo 2011

Colui che è vivo


Perché cercate tra i morti colui che è vivo? [6]Non è qui, è risuscitato. Ricordatevi come vi parlò quando era ancora in Galilea, [7]dicendo che bisognava che il Figlio dell'uomo fosse consegnato in mano ai peccatori, che fosse crocifisso e risuscitasse il terzo giorno.
Lc 24,5-7

Perché cercate tra i morti colui che è vivo?
Tutti noi per duemila anni abbiamo cercato tra i morti colui che è vivo.
Riteniamo Gesù un individuo morto più di duemila anni fa, quando invece nel Vangelo - che è una storia a lieto fine - Gesù resuscita e continua a vivere in eterno.

Gesù è vivo in primo luogo perché è resuscitato, e da allora, ovviamente, non è più morto; inoltre è vivo perché il principio di risveglio del Cuore che egli ha incarnato sulla Terra è vivo in ognuno di noi e può essere reso consapevole da chiunque si prenda la briga di lavorare su di sé con un certo impegno.

Il compito di Gesù consisteva nel gettare il seme del risveglio del “centro emozionale superiore” quando ancora l’umanità non era pronta. Un seme che solo oggi, dopo duemila anni, sta cominciando a sbucare timidamente fuori dalla terra.

“Colui che è vivo” è l’uomo numero 5 della Quarta Via di Gurdjieff, cioè l’individuo che si è identificato con la sua anima, che è sempre PRESENTE, che ha aperto il Cuore... In una parola, è l’individuo SVEGLIO. Non è pertanto da cercare “tra i morti”, ossia fra le schiere dei terrestri addormentati.

“Seguimi e lascia i morti seppellire i loro morti.” dice Gesù in un altro passo (Mt 8,22).
Un pianeta di “morti viventi” popolato da sette miliardi di cadaveri che credono di essere vivi, potrebbe rappresentare un problema nei mesi a venire!

Possiamo sgattaiolare fuori dal mondo dei morti, svegliandoci, ma va fatto in sordina, senza clamore, se non vogliamo che la nostra personalità se ne abbia a male e si adoperi per mortificare ogni nostro tentativo di fuga.

Il nostro apparato psicofisico è un campo elettrico, una dinamo elettrica vivente che però viene utilizzata al minimo delle sue capacità. Tutta l’energia viene dissipata principalmente in emozioni negative e pensieri incontrollati che attraversano la mente 24ore su 24. Ma anche contrazioni scorrette dei muscoli, cattiva alimentazione e pessima respirazione fanno la loro parte in questo spreco.

L’anima è un altro campo elettrico, il quale interagisce quotidianamente con il campo elettrico dell’apparato psicofisico.

(Detto per inciso, il fatto che l’intero pianeta sia pervaso di onde elettromagnetiche di vario genere e intensità, rende più difficile il processo di risveglio, che non è niente di “spirituale” - nel senso comunemente affibbiato a questo termine - bensì una questione prettamente e banalmente elettrica. Il nostro campo elettrico viene continuamente distorto da tutte le frequenze a cui siamo sottoposti in una normale giornata: onde radio, raggi x, radiazioni ultraviolette... e quant‘altro. Questo costante bombardamento rende maggiormente incontrollabili - più di quanto non fosse in passato sul pianeta - i nostri pensieri e le nostre emozioni.)

Cosa significa “emergere dal mondo dei morti”?
Liberare l’anima - ciò che realmente siamo - dall’affinità elettrica con l’apparato psicofisico. Questo è necessario per ovviare al fenomeno detto IDENTIFICAZIONE, cioè l’anima entra al tal punto in risonanza vibratoria con la personalità da confondersi con essa e credersi la personalità stessa.
Così la Volontà dell’anima resta seppellita nei desideri della personalità.

Finché nella vita di una persona procede tutto secondo i piani, senza scossoni, anima e apparato psicofisico restano un tutt’uno e l’individuo continua a essere un “morto che cammina“. Solo la sofferenza permette di creare l’attrito necessario a interrompere il segnale che collega l’anima alla personalità. La sofferenza può essere involontaria (il normale svolgersi degli accadimenti della vita) oppure provocata volontariamente (dal maestro) allorquando la personalità è costretta a fare qualcosa che non vuole fare o a smettere di fare qualcosa a cui è assuefatta.
La sofferenza impedisce all’anima di dormire indisturbata dentro la personalità.

Ma c’è un elemento ancora più essenziale che può aiutarci in questo processo di fuga dall’identificazione con l’animale che ci ospita: il ricordo di sé.
Il ricordo di sé interrompe il fenomeno di perfetta risonanza che si stabilisce fra il campo elettrico dell’anima e quello dell’apparato psicofisico. Improvvisamente voi e la vostra personalità non siete più la stessa cosa!

Ma ciò che fa davvero la differenza e ci riporta definitivamente in vita, è la possibilità di entrare in collegamento con il “centro emozionale superiore”, il Cuore di cui parla Gesù.
Per poterlo fare abbiamo bisogno di provare alcune emozioni superiori che possiamo richiamare solo dall’anima: VENERAZIONE, ADORAZIONE e COMPASSIONE per le quotidiane manifestazioni della nostra personalità.

Solo quando giungeremo a osservare con sguardo rapito e innamorato ogni manifestazione della nostra personalità - come l'amante che osserva l'amata avvolta da una vestaglia trasparente, mentre sul far della sera si spazzola i capelli di fronte allo specchio - allora potremo completare l’Opera.

Colui che è vivo è innamorato.

Ogni rifiuto verso una caratteristica della personalità è ancora indice della nostra identificazione con la personalità stessa e, soprattutto, è segno sicuro di distanza dal Cuore.


[5]Ma l'angelo disse alle donne: «Non abbiate paura, voi! So che cercate Gesù il crocifisso. [6]Non è qui. E' risorto, come aveva detto; venite a vedere il luogo dove era deposto. [7]Presto, andate a dire ai suoi discepoli: È risuscitato dai morti, e ora vi precede in Galilea; là lo vedrete. Ecco, io ve l'ho detto.
Mt 28,5-7

Salvatore Brizzi
NON DUCOR DUCO
(non vengo condotto, conduco)



I miei prossimi appuntamenti


Domenica 27 Marzo a ROMA - Vangelo e Lavoro su di sé

Domenica 03 Aprile a MILANO - Vangelo e Lavoro su di sé

Domenica 10 Aprile a RIMINI - Leadership Spirituale

Domenica 22 Maggio a BRESCIA - Vangelo e Lavoro su di sé (parte II)

Domenica 29 Maggio ad AOSTA - Vangelo e Lavoro su di sé (parte II)


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