venerdì 9 marzo 2018

Evadere dal carcere in 10 passi – 10: L’arte di osservarsi


Per quale motivo l’ultima lezione di questo breve “manuale di evasione dal carcere” riguarda il tema dell’auto-osservazione, che di norma ci si aspetterebbe invece come prima lezione? Perché la pratica dell’auto-osservazione viene ampiamente sottovalutata e relegata ai “preliminari” del lavoro su di sé, quando invece è l’attività più difficile da apprendere. L’auto-osservazione è al contempo l’inizio e la fine del lavoro su di sé.

Questo significa che si comincia con l’osservare quotidianamente i comportamenti della macchina biologica sui piani fisico, emotivo e mentale (annotandoli su un diario) e si finisce con l’identificarsi con Dio che osserva tutte le cose create dentro di sé. Stiamo parlando dello stesso processo che diventa sempre più profondo: si genera un osservatore, poi un centro di gravità permanente, poi un’anima... fino a identificare se stessi con il Sé, ossia l’Uno stesso, l’unico grande osservatore.

Le persone in generale non si osservano, nemmeno quelle che dicono di fare un lavoro su di sé. Conosco esperti di meditazione, terapeuti esseni, master reiki, dotti esoteristi... e tutti si vantano di essere su un percorso spirituale, ma in realtà ciò che manca a tutti è la volontà di osservarsi, di chiedersi: «Perché sto agendo in questo modo? Perché sto dicendo questa frase? Che rapporto ho con il denaro? Che rapporto ho con il sesso?». Sto parlando della volontà di guardare se stessi dal di fuori, con umiltà, con il fine di scorgere i propri meccanismi. Ho visto “maestri” con centinaia di allievi incapaci di rilevare in se stessi un problema riguardo il denaro o la sessualità. Problemi che, peraltro, con un’osservazione costante e prolungata si scioglierebbero nel giro di pochi anni o addirittura pochi mesi.

Una volta nati nell’ambiente della psico-prigione, diveniamo schiavi della nostra macchina biologica ed entriamo in uno stato ipnotico che ci costringe all’interno della “ruota del topo”, quella del produci-consuma-crepa, inframmezzata unicamente dai momenti in cui ci dedichiamo all’attività riproduttiva. Tale attività – uno sbuffare e sudare in posizioni scomode e ridicole – è stata concepita affinché nuove anime potessero nascere e restare anch’esse intrappolate nell'illusione, fornendo così una inesauribile fonte di energia alla struttura stessa della psico-prigione e a chi l’ha costruita.

Solo un cambiamento di paradigma ci permette di vedere la Terra come un pianeta-scuola. Una realtà virtuale immersiva dove ogni evento non accade “a caso”, ma serve a imparare qualcosa. Solo questo mutamento di visione ci consente di evadere dallo psico-penitenziario. L’evasione, ovviamente, non è prevista, per cui a chi intraprende questo cammino occorrono una buona dose di forza di volontà e una fede inscuotibile nella realtà che si nasconde dietro le apparenze.

Nello stato ipnotico, vivere pochi mesi o 90 anni non fa molta differenza, in quanto lo stato ipnotico può dirsi vita, ma non ancora “vita cosciente”. Una mente che ripete una serie di opinioni personali raccolte qua e là, un mucchio di emozioni sempre pronte a scattare e una buona dose di energia sessuale, nel loro complesso non costituiscono ancora un “essere cosciente”. La presenza – la coscienza di sé – in fondo non è necessaria a condurre una tranquilla vita ordinaria all’interno della prigione. Utilizzando la mente, le emozioni e l’energia sessuale potete fare tutto ciò che fa un qualsiasi altro terrestre e nessuno sospetterà mai che siete addormentati, ossia che non siete davvero vivi. Come zombie fra altri zombie, finché restate come loro non date troppo nell’occhio.

La pratica di osservarsi non è attraente, perché non ha niente di esotico e orientale, non ha nulla da spartire né con il meditare, né con il far affluire “energie cosmiche” dentro di sé, né con il “canalizzare” qualcosa o qualcuno. Osservarsi significa restare presenti a noi stessi mentre agiamo e parliamo, nella quotidianità. I primi anni ci si aiuta compilando un diario la sera prima di addormentarsi, poi l’osservazione diventa sempre più diretta, in tempo reale; diventiamo cioè capaci di “risvegliarci a noi stessi” proprio mentre siamo preda di qualche meccanismo. Per esempio, ci sorprendiamo a dire una frase solo per difendere la nostra reputazione o far vedere che siamo intelligenti oppure solo per fare colpo su una persona con l’unico scopo di portarcela a letto. Se non ci osserviamo non possiamo renderci conto che dietro una frase o un atteggiamento si nascondono condizionamenti che fanno capo a nostra madre o a nostro padre o alla maestra di scuola.

Nell’auto-osservazione non è richiesto un nostro intervento con lo scopo di modificare ciò che stiamo dicendo o facendo. Può accadere che ci sia una modificazione, ma può anche non accadere. In ogni caso la volontà va diretta verso l’interno – il restare presenti come testimoni coscienti – e non verso l’esterno, ossia nel tentativo di modificare qualcosa. Le modificazioni possono accadere, ma solo come effetto collaterale della nostra osservazione. Per esempio, mentre osserviamo la rabbia non dobbiamo cercare di fermare la rabbia (il che sarebbe un esercizio specifico), dobbiamo solo sforzarci di restare presenti, senza farci seppellire totalmente dallo stato ipnotico indotto dall’emozione stessa. Tuttavia accade spesso che come “effetto collaterale non ricercato” della nostra osservazione, la rabbia si modifichi, aumentando oppure diminuendo di intensità.

L’auto-osservazione è il punto di partenza senza il quale nessun reale cambiamento può avvenire. Non importa quale sentiero spirituale abbiamo intrapreso, perché se non cominciamo dallo sforzarci di restare presenti con lo scopo di osservarci, giorno dopo giorno, stiamo solo meditando o facendo reiki o qualunque altra cosa... sempre all’interno dello stato ipnotico.

Nell’osservare la nostra macchina biologica dobbiamo imparare a considerare tutto in maniera neutra. La macchina non fa cose giuste o cose sbagliate; la macchina è la macchina ed è fatta come è fatta. Il nostro compito è osservare, non giudicare. Con il tempo dovremo imparare ad osservarci come ci osserverebbe Dio, con compassione anziché giudizio. Con il tempo impareremo ad amare la macchina così com’è adesso, con tutti i suoi meccanismi, senza aspettare che cambi per essere degna del nostro amore.

[L’argomento è approfondito nei mei testi: RISVEGLIO e LAPORTA DEL MAGO ]

Salvatore Brizzi
(professione: cane di Dio)
(D.O.G. = Dogs Of God)



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