lunedì 27 luglio 2020

L'illuminazione non mi interessa

Questa conversazione – riportata per sommi capi – non nasce in un bar come al solito, ma durante la pausa caffè nell’ambito di un corso di risveglio.

«Brizzi, non parli mai in maniera esplicita di come raggiungere l’illuminazione. Ne accennavi nel periodo in cui usavi la metafora di “Garcia dentro il sogno”, ma anche in quel caso lo facevi più che altro per criticare la ricerca dell’illuminazione. Cosa ne pensi davvero?»

[la metafora di “Garcia dentro il sogno” si trova nel capitolo finale di DRACODAATSON – IL REGNO DEL FUOCO e nel primo capitolo di COMELA PIOGGIA PRIMA DI CADERE (che è un libro DI non-dualità, non SULLA non-dualità), ne parlo inoltre in un video su youtube]

 «Perché una persona cerca l’illuminazione? Se la tua vita è felice e tu sei realizzato, perché dovresti cercare l’illuminazione?» gli rispondo io.

«Voglio finalmente stare bene. Mi sono rotto le palle di continuare a stare male nonostante sappia di vivere in un’illusione. Questi illuminati, di solito, non parlano di iniziazioni progressive né di Legge di Attrazione né di esercizi di ricordo di sé, ma di una condizione di totale liberazione dalle preoccupazioni della materia. L’illuminazione di solito prevede lunghe ore di meditazione, ma da quando la ottieni... hai realizzato il Sé e sei a posto».

«Come hanno fatto notare personaggi ben più illustri di me, alla fine tutto si riduce alla ricerca della felicità: per qualcuno è il benessere materiale, per qualcuno è la conoscenza assoluta, per qualcuno è il piacere di farsi frustare da una mistress vestita di lattice! Io sto bene così come sto. La felicità l’ho raggiunta. Non mi interessa l’illuminazione».

«Ma quindi non dovresti mai stare male, né fisicamente né psicologicamente. Invece l’anno scorso mi ricordo che in un certo periodo sei stato male. Psicologicamente non posso sapere come stai, ma se fisicamente puoi ancora stare male, allora non puoi essere completamente felice».

 

La risposta che detti all’epoca era ad hoc per quella persona. In questa sede posso unicamente ribadire che – almeno così è in questo periodo storico – l’illuminazione viene utilizzata come una via di fuga, una via alla cui ricerca si mettono le persone che provano disagio esistenziale. Vogliono tutti “andare da un’altra parte”, nel Nirvana. Quasi nessuno lavora per vedere la Bellezza già totalmente presente nella sua vita.

In verità non ci sarebbe niente di male ad iniziare un percorso interiore a causa del disagio. La spinta iniziale è quasi sempre un disagio esistenziale. Ciò che non può funzionare è la malsana credenza che lo scopo dell’illuminazione sia far scomparire i problemi, se non fisici... almeno psicologici.

Il punto essenziale che le persone non vogliono capire è che si può essere felici CON i problemi, non solamente quando i problemi finiranno. I maestri di Shamballa hanno semplicemente problemi diversi dai nostri; devono risolvere questioni che riguardano il sistema solare, che per noi non sono nemmeno concepibili. La differenza fra noi e loro è che loro di fronte a un problema non entrano in uno stato d’ansia, ma restano nella gioia, perché con il tempo hanno imparato a percepire l’evoluzione in divenire che si nasconde dietro un problema.

Come dissi quel giorno a quella persona, io sono già felice con l’apparato psicofisico che mi ritrovo al momento. La sofferenza fa parte della mia felicità. L’imperfezione è compresa nella mia felicità. Per esempio, già diversi anni addietro, sono riuscito a inglobare la depressione nella mia felicità. La sento in maniera differente, con occhi completamente diversi. Mese dopo mese essa si è totalmente trasmutata e ha mostrato il suo vero volto.

Ho una missione da compiere, per cui non mi posso permettere di fermarmi a cercare l’illuminazione. Quando la raggiungete... ditemi come si sta.

Salvatore Brizzi

[Il mondo è bello, siamo noi ad esser ciechi]

 

 

 

 

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di Salvatore Brizzi

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martedì 21 luglio 2020

Il rosario


Allorquando il caos dilaga – e alla fine di un’Era lo fa sempre – occorre tenere a mente e scolpire nel Cuore i principi essenziali, affinché si possano evitare le immancabili deviazioni dalla via evolutiva che si presentano periodicamente.

Mi vedo costretto a scrivere sugli effetti della recitazione del rosario – argomento che mai avrei pensato di dover trattare – in quanto un po’ in tutta Italia stanno nascendo dei cosiddetti “gruppi di preghiera” che fanno uso del rosario, spacciando tale genere di preghiera meccanica e ripetitiva per una via di risveglio della coscienza (e non ci sarebbe nemmeno bisogno di andare avanti... perché fa già ridere così)!

Essendo questa l’epoca del “ritorno del Cristo” – di cui parlo nel mio testo
Le sette iniziazioni e come prepararle – sta accadendo un fenomeno comunque già previsto: tale ritorno si manifesta inizialmente nella sua “ottava bassa”, ossia sul piano della personalità anziché su quello dell’anima. Le persone credono di poter entrare a far parte della nuova coscienza cristica utilizzando gli stessi metodi che utilizzava mia nonna negli anni ’50. E scadendo in vecchi fanatismi, tipici dell’“ottava bassa” del Cristianesimo.

La recitazione di una preghiera in maniera ripetitiva – ne è un esempio il famoso Nam myoho renge kyo – conduce ad effetti ben precisi, già ampiamente studiati sia nel corso dei secoli che dalla psicologia moderna.
a)   Come già affermavano personaggi quali Osho e Gurdjieff, la ripetizione anestetizza la coscienza, inducendo in effetti uno stato di maggiore distacco dai problemi quotidiani, il quale riduce temporaneamente il disagio esistenziale, utilizzando però lo stesso principio dell’eroina: stai meglio perché i problemi li percepisci più distanti, non perché li hai elaborati e scavalcati. Hai aggirato l’incendio anziché passarci attraverso.
b)   Nei soggetti che sono predisposti alle esperienze mistiche, la ripetizione può indurre l’accelerazione dell’attività di taluni centri sottili e provocare stati di alterazione della coscienza che danno la sensazione di “vedere Dio” o addirittura di “fare l’amore con Dio... o con il Cristo”. Il praticante si sente finalmente soddisfatto dei risultati e si convince di essere sulla strada giusta, quando invece si sta progressivamente allontanando da una reale consapevolezza.
c)    La ripetizione provoca la stimolazione forzosa dei centri sottili, il che può condurre a problemi sia nervosi che di salute fisica. Uno dei problemi che maggiormente si verificano è l’ingresso in una forma pensiero di fanatismo, che porta il soggetto a legarsi sempre di più col gruppo che recita il suo stesso mantra, come se fosse una setta – i gruppi che recitano Nam myoho renge kyo ne sono un classico esempio – e a credere che solo chi fa parte di quel gruppo può avere accesso alla “salvezza”. Gli altri stanno sbagliando via e sono destinati a continuare a soffrire. Chi si rende conto che in questo modo non si sta creando maggiore consapevolezza... è costretto a uscire dal gruppo, perché gli altri non capirebbero.

Gli stessi metodi che potevano aiutare l’essere umano qualche secolo addietro (o addirittura qualche millennio, nel caso degli insegnamenti indù), non è detto che restino validi ancora oggi. La scarsa conoscenza esoterica può portare a pericolose deviazioni. La preghiera del futuro non consiste in un ripetere meccanico, ma in un’identificazione con i corpi dell’anima.

Voglio quindi prendere ufficialmente le distanze da questi gruppi, non perché recitando il rosario essi svolgano un’attività di per sé errata, ma solo perché tali pratiche riguardano un livello di coscienza precedente a quello di chi lavora su di sé oggi. Vi sarete infatti accorti che portare la presenza nel quotidiano richiede un livello di consapevolezza ben maggiore rispetto alla recitazione di un mantra ripetitivo mentre si sgrana un rosario.

Salvatore Brizzi
[Il mondo è bello, siamo noi ad esser ciechi]







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