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giovedì 2 dicembre 2010

La dittatura del relativismo


Ieri mattina , durante la messa «Pro eligendo Romano Pontifice», l’omelia pronunciata dal cardinale Joseph Ratzinger era di carattere filosofico oltre che teologico, puntando l’indice contro i «venti di dottrina che abbiamo conosciuto in questi ultimi decenni». Il decano del Sacro Collegio ha preso netta posizione contro le numerose correnti ideologiche e le «mode del pensiero» che hanno agitato «la piccola barca» di molti cristiani. In particolare, ha condannato senza mezzi termini «la dittatura del relativismo che non riconosce nulla come definitivo e che lascia come ultima misura soltanto il proprio io e le sue voglie».
...

tratto dal Corriere della Sera, 19.04.2005

Proviamo a capire cosa è esattamente questa »dittatura del relativismo« contro cui si scaglia - a ragione - il nostro pontefice.

Capita sovente a chi si occupa di materie spirituali di dover affrontare discorsi sul cammino evolutivo dell’anima o sulla vita nell’aldilà anche in ambienti dove tali concetti non sono ancora così scontati e quindi le persone non hanno idea della differenza che passa tra una teoria filosofica e un’acquisizione pratica.

Può succedere allora che una mattina in ufficio, fra colleghi più o meno intimi, seduti a chiacchierare durante la pausa caffè, la conversazione, nonostante gli sforzi congiunti di tutti i presenti, riesca a svincolarsi dalla totale assenza di contenuto e si soffermi inopportunamente per qualche minuto sull’argomento anima. A questo punto accade sempre che qualcuno dei presenti, ansioso di voler mostrare al mondo l’inesorabile piattezza del suo insipido pensiero, affermi con ostentata accondiscendenza: “La tua teoria sull’evoluzione dell’anima è davvero interessante e ben congegnata, ma ricordiamoci che ogni religione ha la sua e che ci sono state tante scuole, sia filosofiche sia misteriche, che hanno prodotto teorie sull’anima di altrettanto valore, ma nessuna alla fine ha mai scoperto la verità.”

Se poi il mammifero in questione già da diversi mesi non riesce a scovare partner riproduttivi con cui praticare un sano scambio di fluidi, e si trova pertanto in una situazione ormonale piuttosto disagevole, non si lascerà certo scappare l’occasione di aggiungere – accompagnando il tutto con un’espressione di saggia rassegnazione: “Anche perché... si sa... nessuno possiede delle verità certe... e bisogna sempre diffidare di chi afferma di conoscere delle verità”.
Wow... un pensiero da Maurizio Costanzo Show... che forse poteva anche essere ritenuto originale nel primo Cretaceo.
Signori... eccovi servito il relativismo!

E di »dittatura« senz’altro si tratta, in quanto per chiunque sostenga di aver sperimentato dentro di sé una verità... è già pronta la gogna; se poi qualcuno dovesse addirittura abbandonarsi alla tentazione di dichiarare: “Io sono la Via, la Verità, la Vita”... allora chiodi e tavole di legno serviranno a eliminare questa scomoda anomalìa dal pianeta!

Il cardio-apatico cittadino medio non ammetterà mai di essere incapace di giungere a una verità che non solo esiste, ma è pure a disposizione di chiunque si dia la pena di cercarla. Incredibilmente, risulta per lui molto meno imbarazzante affermare che NESSUNO sul pianeta è in grado di realizzare un traguardo che in realtà LUI non è in grado di realizzare; e ciò gli fornisce il giusto torpore intellettuale indispensabile a intrattenere corretti rapporti sociali.

Se si parte dal presupposto che nessuno può avere accesso a verità certe circa il mondo dello spirito, quando qualcuno sostiene che l’uomo è un’anima immortale e qualcun altro ribatte che l’uomo è solo una scimmia con la testa grossa, a entrambe le affermazioni può essere riconosciuta pari dignità!
Democratizzare la verità – ciò che Gesù pensa circa il significato della vita ha lo stesso valore di ciò che ne pensa Bruno Vespa – significa in definitiva assenza di verità e, soprattutto, assenza di punti di riferimento certi.
La conseguenza è che vince sempre il punto di vista della maggioranza, anche quando questa ha fottutamente torto e manifesta una cecità patologica.

Fatte queste considerazioni, è necessario ora distinguere fra »verità dogmatiche« e »verità realizzative«. La funzione sicuramente positiva che il relativismo ha svolto in passato è stata quella di liberare l’uomo dall’assoggettamento alle verità dogmatiche (ipse dixit) e indurlo a pensare con la propria testa circa i fenomeni dell’Esistenza.

Ma il successivo passo nel cammino di apertura delle coscienza – quello che dovremmo compiere adesso – concerne il divenire capaci di REALIZZARE INTERIORMENTE delle verità. Il che comporta una sintesi di relativismo (ognuno può accedere alla verità solo dentro di sé) e assolutismo (tale verità resta comunque oggettiva e valida per tutti).

Ad esempio, un tempo si credeva nell’anima con fede cieca (verità dogmatica); poi si sono abolite le certezze assolute in favore del pensiero individuale emancipato, grazie al quale ognuno è divenuto libero di poter pensare che l’anima non esiste senza per questo dover essere cotto alla brace dalla Chiesa (relativismo); adesso è tempo che ognuno smetta di credere o non credere nell’anima, ma la REALIZZI dentro di sé, cessando così di dipendere da filosofie, religioni o esperimenti scientifici (verità realizzativa).
Sono tre fasi storiche dalle quali non si può prescindere, solo che spesso ci si dimentica della terza... la più importante.

Buon lavoro a tutti.


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Salvatore Brizzi
NON DUCOR DUCO
(non vengo condotto, conduco)