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venerdì 11 dicembre 2020

Storie da supermercato

La scena si svolge al supermercato. Stavo già da qualche minuto davanti agli scaffali dei saponi liquidi a passare in rassegna le varie marche, in quanto prima di uscire di casa avevo ricevuto ordini ben precisi “dall’alto” e non volevo sbagliare. Altri mariti, al bar, mi avevano raccontato cosa succede all’uomo che torna a casa con un prodotto sbagliato... e non sono cose piacevoli da sentire.

Ero fermo davanti agli scaffali, dicevamo, quando all’improvviso una signora – che evidentemente era alle mie spalle da un po’ di tempo – mi rivolge la parola: «Senta, non voglio disturbarla, ma non è che può velocizzarsi un po’? Io sto aspettando lei!»

Fa la spesa in mutande per protestare contro la chiusura del reparto tessile, ritenuto non indispensabile.

Mi giro lentamente, il che mi dà il tempo di pensare alla risposta più adatta, la quale arriva puntualmente: «Signora... è che sto cercando di capire quale marca di sapone liquido per le mani mi caratterizza di più come maschio!»

«Lei cosa ne pensa?» aggiungo allargando le braccia, per farmi vedere meglio fisicamente.

«Io penso solo che si deve sbrigare, e non faccia lo spiritoso perché oggi non è giornata» dice lei, che evidentemente risparmiava sulle dosi di simpatia.

«Ma scusi, lei non può prendere il suo sapone, se io non me ne vado?»

«No, perché c’è il distanziamento. Io non mi posso avvicinare. E tiri su la mascherina sopra il naso, per piacere».

Tiro su la mascherina e provo a dirle: «Signora, si rilassi, io mi allontano di due passi e lei si avvicina allo scaffale. In questo modo forse, se saremo abbastanza scaltri, ne usciremo vivi entrambi».

«No, guardi, non ce la faccio» dice lei tra l’arrabbiato e il dispiaciuto. E se ne va a passo svelto, lasciandomi di sasso (non che prima fossi molto più dinamico).

Prendo il sapone e poi mi sposto nella corsia del caffè. Non è passato nemmeno un minuto che mi sento apostrofare alle spalle da una voce maschile: «Tutto a posto?» mi sento chiedere. Mi giro e vedo l’addetto alla sicurezza del supermercato: un personaggio che è stato ingaggiato appositamente per girare tra gli scaffali e dire alle persone di tenere su la mascherina e non stare troppo vicini. Un personaggio da film con il quale in passato abbiamo già avuto rapidi ma intensi scambi di vedute e che dal giorno in cui gli ho chiesto: «Ma lei si sente sempre gratificato dal suo lavoro oppure ci sono giorni in cui rimpiange di non essere andato quella volta a ritirare il premio Nobel?» adesso mi detesta come il veleno per topi. Non a tutti piace la mia ironia.

«Una signora mi ha detto che stai dando problemi» aggiunge con un accento che tradisce origini appartenenti alla Magna Grecia. Notare che lui si rivolge a me dandomi sempre del tu, io mi rivolgo a lui dandogli del lei, nonostante lui sia chiaramente più giovane di me. È il nostro gioco, noi godiamo così.

«Le assicuro che non sto dando problemi. Mi sono solo attardato davanti ai saponi, ma ho intenzione di recuperare nella corsia degli alcolici. Lì ho le idee più chiare!»

«Giovanotto, tu hai sempre voglia di scherzare eeeee...». Oramai sono definitivamente convinto che lui viva in un trip psicotico che gli fa credere di avere a che fare con un liceale, ma non ho intenzione di puntualizzare che ho 50 anni, ho due figli e faccio l’editore, non si sa mai come può andare a finire con un uomo che ricava il suo senso della giustizia dal Codice di Hammurabi.

«Una signora mi ha detto che non rispetti le norme di sicurezza anti-covid» insinua lui.

«Dov’è la signora? Parliamone di fronte a lei. Io sono stato gentile con la signora, ma a me sembrava più impaurita del dovuto...»

«La signora non c’è più perché è andata via. Prima di andare via ha indicato te».

«Ommioddio. Ha indicato me. E ha fatto altri nomi? Ci sono altre persone coinvolte in questa faccenda? Ci sono altri qui nel supermercato che ne sanno qualcosa?» rispondo io cercando di metterla sullo scherzo, ma vi assicuro che la situazione era paradossale; per un attimo ho pensato di essere ancora a letto a dormire e di stare sognando (in verità lo penso da circa dieci mesi a questa parte!).

Lui per la prima volta mi sorride.

«Senti, detto fra noi, quella signora non mi sembrava tanto a posto, comunque io non voglio sapere niente, tu tieni sempre su bene la mascherina, così nessuno ti fa problemi. Pensi che mi piaccia fare questo lavoro? Io però sono responsabile della sicurezza e non voglio ci sia nessuno che si lamenta del mio lavoro». Mi saluta e se ne va.

Io lo sapevo già che era un simpaticone e che prima o poi avrei fatto breccia nel suo cuore. Resto dell’idea che la maggior parte delle persone siano fondamentalmente buone, ma quando si crea un clima di paura e sospetto reciproco, i meccanismi psicologici prendono il sopravvento. La paura ci fa percepire il nostro simile come un nemico, in quanto potenziale fonte di pericolo per la nostra vita o per quella dei nostri cari. La signora, se avesse potuto mi avrebbe denunciato anche alla polizia, ma non perché fosse cattiva, bensì perché era semplicemente schiava di un meccanismo. Non ha potuto finire di fare la spesa, perché – per sua stessa ammissione – non ce la poteva fare. Ha detto: «No, guardi, non ce la faccio». Questo significa che la paura è diventata più forte di lei.

Sapete qual è il vero significato del termine cattivo? Viene dal latino captivus, cioè colui che è stato fatto prigioniero in guerra. Vivere in cattività significa vivere in uno stato di prigionia, non di cattiveria. Deriva anche dall’espressione latina captivus diaboli, che poi è stata contratta nel solo captivus, un termine che indicava chi è malvagio in quanto divenuto prigioniero del diavolo. E quella signora non era forse prigioniera del diavolo?

Le persone non sono cattive, se le sappiamo guardare.

Salvatore Brizzi

[Il mondo è bello, siamo noi ad esser ciechi]

 

  

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