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lunedì 26 agosto 2019

Porti aperti e porti chiusi


Di questo argomento ho già parlato e ho già scritto in altre occasioni (anche nel mio libro LaRinascita Italica), ma a quanto pare anche nell’ambiente della spiritualità ci si fa prendere dalle forme pensiero comuni e si cade nell’inganno d’una feroce contrapposizione, con tanto d’insulti da una parte e dall’altra.

Il primo punto riguarda la questione della percentuale di immigrati che un popolo è in grado di assorbire: non possiamo chiudere il nostro Cuore e “sigillarci” rispetto all’arrivo di immigrati (come già scrissi, non è un fenomeno reversibile), ma non possiamo nemmeno accoglierli tutti come si è fatto (nella pratica, se non in teoria) fino ad oggi. Si tratta di stabilire quanti siamo in grado di assorbirne, considerando quanti già ne abbiamo sul territorio dopo anni di ingressi mal gestiti. È possibile chiudere parzialmente i porti? Oppure è possibile chiuderli totalmente e poi riaprirli una volta che abbiamo dato il tempo alle nostre strutture di organizzarsi per gestire la quantità di persone già presenti?
Ma è forse questa una questione di razzismo?

Inoltre, è possibile evitare l’afflusso continuo di immigrati tra le fila di mafia, prostituzione e, soprattutto, lavori sottopagati che entrano in competizione “al ribasso” con gli stipendi di una certa categoria di lavoratori italiani? Se è possibile evitarlo, bene; se non è possibile... questo è un buon motivo per essere più accorti nel far entrare migliaia di persone che poi non sappiamo che fine fanno. Quest’ultimo è un punto essenziale, poiché i grandi poteri del capitalismo “senza frontiere” non vogliono che gli immigrati acquisiscano più diritti e stipendi migliori, bensì che noi perdiamo i nostri diritti e portiamo i nostri stipendi a competere con i loro. Ciò che viene sbandierato come “più ricchezza per tutti” diventa poi nella realtà “più povertà per tutti”.
Ma è forse anche questa una questione di razzismo?

Il secondo punto concerne invece un aspetto più psicologico. Se io ho avuto un’apertura del Cuore e ho deciso di essere accogliente verso gli immigrati, non ho automaticamente acquisito il diritto di costringere gli altri a fare altrettanto!
L’accoglienza, come la compassione, è qualcosa di intimo, che non può essere imposto dall’esterno. Non puoi andare da qualcuno e dirgli: «Io ho un Cuore pieno di compassione, adesso però devi averlo anche tu, sennò sei un egoista, razzista, xenofobo!»

Se ho un Cuore pieno di accoglienza, non mi viene certo in mente di gridare razzista a qualcuno. Sono due sentimenti che non si sposano, non si fidanzano... e non si conosco nemmeno!
È forse un ragionamento così complesso?

Una qualunque persona di media intelligenza, se presa singolarmente, in tranquillità davanti a un bicchiere di vino... è in grado di comprendere questo concetto; in ogni caso ve lo voglio spiegare anche dal punto di vista del lavoro su di sé.
La vera accoglienza – sto ovviamente parlando d’un desiderio sincero di aiutare qualcuno NEI FATTI e non di qualche slogan gridato alle manifestazioni di piazza o sui social – è frutto d’un cambiamento profondo che coinvolge la fabbricazione di talune sostanze sottili di cui è composta la nostra anima. Per accumulare tali sostanze occorrono centinaia d’incarnazioni. Non si diventa accoglienti o compassionevoli da un momento all’altro, solo perché “lo decidiamo” o perché qualcuno ci costringe con una legge sull’immigrazione!

La presenza interiore di tali sostanze – e quindi dei relativi sentimenti di accoglienza e compassione – IMPEDISCE a quella persona di provare un sentimento di fastidio nei confronti di chi non è uguale a lei, ossia di chi non vuole accogliere altri immigrati perché magari pensa che questo metterà in difficoltà lei e la sua nazione.

Detto in altre parole, se hai un Cuore accogliente e sensibile, vai a Lampedusa a dare una mano a chi sbarca, fai volontariato nelle strutture di accoglienza in giro per l’Italia, metti a disposizione degli spazi tuoi, apri le porte di casa tua, doni dei soldi a quei volontari, al limite stai a casa e preghi per queste persone... ma l’ultima cosa che ti viene in mente di fare quando sei in quello stato di coscienza è gridare razzista a un politico o al tuo vicino di casa... perché non è ancora in grado di fare quello che fai tu.

Finisco riportando un brano con il quale terminavo un mio vecchio post:
Gli stessi che sbraitano in favore dell’accoglienza e vedono razzisti, fascisti e xenofobi ovunque, non stanno accogliendo proprio nessuno in casa loro. E questo è giusto, in quanto anche loro, come tutti gli altri, non sono pronti per l’accoglienza, se non a parole. Non sono però in grado di riconoscerlo e inconsciamente odiano questa loro incapacità. Vorrebbero essere accoglienti, ma non ci riescono. Questo mancato riconoscimento genera la rabbia con cui si scagliano verso Salvini o chiunque sostenga il suo lavoro. Basterebbe facessero pace con se stessi, allora si unirebbero all’altra metà della nazione e insieme si troverebbero presto delle soluzioni pratiche, in quanto la contrapposizione fra le due fazioni si arresterebbe e la frequenza vibratoria della nazione muterebbe. Ma adesso sto chiedendo troppo; i maestri stessi non pretendono che riusciamo a fare già così tanto. D’altronde loro non hanno fretta.»

All’Italia non sta facendo male tanto il fenomeno dell’immigrazione, quanto la contrapposizione che si è venuta a creare: a favore o contro. I giornalisti hanno gran parte della responsabilità, a causa della facilità con cui si servono di termini come razzista o xenofobo, utilizzati impropriamente per etichettare padri e madri di famiglia che invece sono persone comuni con paure e bisogni comuni. Io di razzisti, quelli veri, che provano “odio razziale”, in Italia non ne ho mai conosciuto uno! So che qualche estremista con quelle idee c’è, ma viene trattato con sospetto persino all’interno dei gruppi di destra, i quali si tengono ben lontano dal razzismo. Ho frequentato ambienti di ogni genere, ma ho solo incontrato persone arrabbiate con gli immigrati e con i politici perché costrette a vivere in situazioni di convivenza davvero difficili. Dai media emerge invece una nazione di razzisti contrapposta a una nazione di persone accoglienti. Coltivare tutti i giorni, su ogni quotidiano, tg e social questa contrapposizione, sta gettando le basi d’una guerra civile.

Bisognerebbe auto-osservarsi e iniziare a fare pace innanzitutto con se stessi, con la propria rabbia interiore, e poi riconoscere con umiltà che in Italia ci sono pochissime persone davvero accoglienti e pochissime persone davvero razziste. Tutto il resto è frutto d’una montatura mediatica, che nulla ha da spartire con ciò di cui le persone hanno davvero paura e con ciò che davvero vogliono.

Salvatore Brizzi
[Il mondo è bello, siamo noi ad esser ciechi]




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giovedì 22 agosto 2019

The carpenter - il successo del falegname


« Qualunque cosa meriti, richiede tempo. Vogliamo tutti il successo subito, ma non è così che funziona. Dopo tutto, se avessimo successo immediato, non potremmo costruire il carattere che ci serve per sostenere il vero successo. Gli sforzi, l’avversità, i trionfi e le vittorie sono tutte parte del processo costruttivo, e dobbiamo abbracciarne ogni sua parte. »

Questo è il libro della Antipodi Edizioni che, se si escludono i miei, ha riscontrato maggior successo. Un libro poco teorico e molto pratico, che divulga una visione del successo e della leadership applicabile nella vita quotidiana a partire da domani.
«I grandi leader sono tali perché le persone si fidano di loro e li rispettano, non perché hanno potere» recita il testo; e oggi più che mai tutti noi possiamo verificare questa differenza fra “leader posizionale” e “leader carismatico” (quello che una volta diventava il “capo per acclamazione”) nella politica come nelle aziende o fra i calciatori. Il falegname (the carpenter) protagonista della storia è il mezzo utilizzato dall’autore Jon Gordon per far sì che determinati principi si incarnino nella materia.

Ma lasciamo parlare il testo...

« Imparerete anche che, per raggiungere il successo autentico, dovete aiutare gli altri. Il vostro primo lavoro nella vita non è giudicare e valutare le persone, ma aiutarle ad avere successo in qualsiasi cosa stiano facendo. In altre parole, il successo è fatto per essere condiviso. »

« Oggi non costruirò nulla. Prima di fare un capolavoro devi progettarlo. Lo stesso vale per la vita, sai. Troppe persone si lasciano semplicemente vivere, ma quando vivi con un progetto e sai che vita vuoi creare, puoi creare un capolavoro, anziché roba scadente. »

« Le mie strategie permeano ogni aspetto della vita. Aiutano i leader a guidare, i venditori a vendere, i coach ad allenare, i genitori a fare i genitori e gli insegnanti a insegnare. Sono le migliori strategie di successo che aiutano le persone a costruire qualunque cosa vogliano. Che sia la famiglia, un team, un’attività, una scuola, una carriera o un’organizzazione, i miei strumenti per il successo sono potenti, e tre delle mie strategie sono le più grandi esistenti.
Ma non dovrai solo credermi sulla parola. Avrai l’occasione di mettere in atto queste strategie. Puoi farle diventare abitudini e diverranno parte di chi sei e di come vivi e lavori. »

« Sii coraggioso» si disse stringendo i pugni. La paura lo aveva fatto crollare una volta ma non sarebbe accaduto di nuovo. La vita è troppo breve per non perseguire i propri sogni. «La vita è troppo breve per vivere nella paura» urlò, guardando nello specchietto retrovisore. Non voleva essere solo coraggioso per sé, ma anche per la sua famiglia e per chiunque credesse in lui. Sapeva che tra qualche anno i suoi figli avrebbero raccontando aneddoti su di lui, e voleva che dicessero che era coraggioso, amorevole e premuroso. Voleva che sapessero che era disposto a fallire per avere successo. Sapeva che la sua vita e le lezioni che i figli avrebbero imparato da lui sarebbero stati la più grande eredità che potesse lasciar loro, e che non c’era verso di lasciare un’eredità di paura e codardia. »

« Il mondo è pieno di persone che fanno le cose in fretta e a poco prezzo, ma servono più artisti, artigiani e artigiane. [... ...] gli artigiani si preoccupano di più di chi stanno diventando e di cosa stanno creando, piuttosto che di quanto in fretta possono finirlo. Dopo tutto, è inutile finire qualcosa se non è un capolavoro.»

Leggete con attenzione l’indice e decidete se è un libro che fa per voi:

1  Il crollo
2 Il riposo
3 Il falegname
4 Stressato
5 Indaffarato
6 Progetta il tuo capolavoro
7 Sii un artigiano
8 Tu lo saprai
9 Tutti amano il falegname
10 Credi
11 Parlati invece di ascoltarti
12 Sarah
13 Il caos
14 La più grande strategia di successo esistente
15 L’amore è dedizione
16 Persone > Mobili
17 La seconda più grande strategia di successo esistente
18 Il panino
19 La terza più grande strategia di successo esistente
20 Love, Serve, Care
21 Dai valore
22 Il cuore del successo
23 Fallire
24 Il successo richiede tempo
25 Il dono del fallimento
26 Lavoro incompiuto
27 Coraggio
28 Un barlume di speranza
29 Sii la missione
30 Tutti per uno
31 Progresso
32 Tutto è spirituale
33 Crea l’impossibile
34 Costruisci
35 Il successo è fatto per essere condiviso



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Salvatore Brizzi
[Il mondo è bello, siamo noi ad esser ciechi]





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