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venerdì 22 giugno 2012

Risvegliare la macchina biologica terrestre


Siamo ostaggio di una macchina biologica di origine terrestre.
Veniamo portati in giro per il mondo, come bambini su un passeggino, da un individuo poco raccomandabile e dalle abitudini piuttosto bizzarre, fatto di carne e ossa.
Non è una situazione esistenziale invidiabile.

Ciò che veramente siamo - la nostra autocoscienza - resta seppellita in un marasma di abitudini, reazioni, comportamenti meccanici e condizionamenti psicologici, il primo e più pericoloso dei quali è la convinzione di essere già coscienti e svegli. Convinzione che, in fondo, anche se a parole dicono tutti il contrario, possiedono pure coloro che si occupano di lavoro su di sé.

“Questa frase di Osho è sbagliata secondo l’esoterismo classico. Perché dovrei credere a una cosa del genere?” Mi ha detto un giorno una persona che, a parole, lavora su di sé.
La mia risposta, come sempre molto garbata e rispettosa, è stata:
“Stai dormendo! Hai la stessa vivacità mentale di un tonno in scatola! Non hai alcuna capacità di discernere fra giusto e sbagliato, non solo in riferimento alle parole dei maestri, ma nemmeno per quanto riguarda ciò che è utile per te!”

Le persone, a parole, vogliono lavorare su di sé - il che implica l’ammissione di essere addormentati e schiavi dei pensieri e delle emozioni della macchina biologica - ma poi all’atto pratico non agisco con l’umile consapevolezza di chi avrebbe bisogno di svegliarsi anche solo per decidere cosa mangiare a colazione senza procurasi troppi danni, bensì con l’arroganza di chi pensa di essere già sveglio e perfettamente in grado di discernere fra insegnamenti validi e meno validi… per sé… e talvolta addirittura anche per gli altri.

“Questa frase dell’insegnamento di Osho è inutile per te, o per tutti?” Gli chiesi. Era una domanda trabocchetto, ma lui con la stessa ingenuità di una madre che porta il figlio di tre mesi a farsi vaccinare, mi risponde:
“Non c’entra quello che penso io. Si tratta di un errore oggettivo, perché nel vero esoterismo non s’insegnano queste cose.”

Lui si preoccupava degli insegnamenti del “vero” esoterismo… e intanto mi rivolgeva la parola dormendo! Oramai ci sono abituato e lo trovo divertente, ma le prime volte di fronte a queste scene restavo davvero stupefatto.
“Ma non si rendono conto che stanno dormendo e al posto loro sta parlando un grumo di meccanismi mentali?” Mi chiedevo fra me e me.
No, non se ne rendono minimamente conto! E c’è da spaccarsi dalle risate.

Quando siete in uno stato di Presenza, con il Cuore aperto, e qualcuno in stato di sonno viene a parlarvi, le prime volte se non fate uno sforzo rischiate di scoppiare a ridergli in faccia, qualunque cosa stia dicendo. Anche se vi racconta che è afflitto perché suo figlio sta morendo di cancro. Anzi, più la racconta grossa più vi viene da ridere. Perché l’identificazione con un problema, vista dal di fuori, risulta esilarante.

Vi sembra strano… lo so… Succede perché avete letto tantissimo ma non avete idea di cosa sia quello stato.
Voi non siete in quello stato, voi PENSATE cosa potrebbe essere quello stato; ve ne siete fatti un’idea ben precisa... e basta. E in base a quell’idea parlate di ciò che è giusto o sbagliato nel lavoro su di sé.

In seguito arriva anche la compassione per l’identificazione in cui giacciono gli altri, ma restate comunque pervasi di gioia, non di afflizione per i cosiddetti “mali” degli altri.

Siamo incatenati alla macchina biologica e questa è una situazione piuttosto sconveniente, ma l’identificazione completa con i meccanismi della macchina fa sì che pensiamo di essere liberi e padroni della nostra vita. Addirittura, più siamo identificati più ci sentiamo forti, perché percepiamo come nostra una forza che invece appartiene alla macchina. Questo è un punto importante. Lo avete compreso bene?

È come se noi ricevessimo ordini da un aguzzino per tutta la vita, ma la sofferenza che ci procurerebbe la consapevolezza di questa perenne condizione di schiavitù sarebbe per noi insostenibile, allora, come meccanismo di difesa, cominciamo a fare finta di essere noi stessi l’aguzzino, ci identifichiamo con esso a tal punto che quando lui ci grida un ordine, noi fingiamo di averlo gridato noi stessi e di stare eseguendo qualcosa che abbiamo voluto noi. Grazie all’identificazione, più è forte lui, più pensiamo di essere forti noi.
Non è geniale?

Ma adesso viene il bello.
Quando qualcuno – secondo un rapporto di uno ogni milione di abitanti – si accorge di essere totalmente meccanico e asservito a una macchina biologica di origine terrestre, entra in gioco un secondo meccanismo ancora più potente: l’imbarazzo o la sensazione di fastidio nei confronti dell’addormentamento rendono ancora più profonda la nostra identificazione con la macchina!
Mi può dare fastidio il fatto che la macchina si arrabbi, o venga presa dal panico o abbia le tette piccole… solo nella misura in cui credo ancora di essere la macchina e non la coscienza ospite!
E questo è davvero geniale.

Tutte le volte che ci sorprendiamo ad aver agito in stato ipnotico proviamo immediatamente un senso di sconfitta, di ripulsa, di profonda avversione verso le nostre stesse catene terrestri. Ma questa è ancora l’azione subdola della macchina. Anche se molte delle manifestazioni emotive della macchina non sono per nulla piacevoli da mostrare davanti ai parenti riuniti in salotto il pomeriggio di Natale, sappiate che il senso di vergogna è ancora frutto del sonno.

Che fare? La Quarta Via è la via dei furbi (per questo non ci sono giornalisti sportivi che la frequentano). La buona notizia è che il senso di sconfitta per essere ancora una volta caduti in un meccanismo inconscio può esso stesso venire usato per svegliarsi.

La macchina biologica terrestre ha milioni di anni di evoluzione alle spalle, nel corso dei quali è divenuta molto astuta nell’intrappolare le coscienze provenienti da altri piani di realtà. Noi, in quanto coscienze che navigano tra i mondi, siamo molto più antichi, ma, sul piano della materia non abbiamo ancora acquisito sufficiente esperienza da poter controllare facilmente la cieca volontà animale di una macchina biologica che ha visto un bel sedere transitare a pochi metri di distanza.

Si tratta di cogliere al volo il senso di frustrazione per non essere riusciti a fermare la macchina e rimanere in sua presenza in maniera IMPARZIALE; sentire pienamente che anche quella manifestazione di frustrazione non siamo noi. E stare lì.
Lo sforzo è mille volte più importante di ciò che notiamo durante lo sforzo.
Questo stato di osservazione imparziale diverrà un giorno un moto d’amore puro nei confronti delle variopinte manifestazioni della macchina.
La macchina sveglia diverrà docile veicolo del nostro amore. E avremo vinto.

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Salvatore Brizzi
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